di Angelo Di Mattia

Avevamo ragione. Il governo ha dato parere negativo sugli emendamenti presentati in sede di conversione al Senato del decreto legge sulla spending review riguardanti la espunzione della Covip, l’Autorità di vigilanza sui fondi pensione, dall’aggregazione con l’Isvap (l’ente di controllo sulle imprese di assicurazione) per la loro trasformazione in Ivarp con la riconduzione del nuovo Istituto nell’ambito della Banca d’Italia. Abbiamo già scritto di questa materia nei giorni scorsi su queste colonne. Da ultimo abbiamo segnalato il rischio, dato il gran numero e la trasversalità delle proposte di modifica su questo punto, che il loro accoglimento vanificasse un disegno organico che prevedeva un’articolata individuazione di organi e competenze su materie molto vicine e intersecanti, pertanto bisognose di indirizzi e conduzione unitari: in particolare, il consiglio di amministrazione, presieduto dal direttore generale di Bankitalia e integrato con due consiglieri di elevata professionalità ed esperienza nominati con Dpr e, per gli atti aventi rilevanza esterna, dal direttorio stesso. Avevamo rilevato che, poiché la trasformazione era già avvenuta con il decreto legge che ha dato vita a un periodo transitorio nel quale restano in carica solo i presidenti delle due autorità in funzione di commissari, tornare indietro e ripristinare gli organi della Covip, come se niente fosse accaduto, appariva farsesco e non era certo una bella prova di coerenza e di saldezza da parte dell’esecutivo. Del resto, una cosa sarebbe la sola trasformazione dell’Isvap, altra cosa, come accennato, sarebbe un’operazione che congiuntamente concerna i due enti: un passo, quest’ultimo, sulla strada della rivisitazione delle authority in materia di credito e risparmio che da tempo si impone e che l’attuale governo incomprensibilmente non ha voluto finora inserire nel proprio programma, dopo che negli ultimi sei anni vi sono stati al riguardo abbondanti e rigorosi studi e proposte. Se nel maxiemendamento che il governo ha presentato per la fiducia sul decreto in questione sarà confermato il non accoglimento della modifica proposta e, dunque, si ribadirà la soppressione della Covip (all’ora in cui questo articolo è stato scritto il passo non era ancora stato formalizzato), allora si potrà dire che sarà stata dimostrata coerenza, perché diversamente un passo indietro dell’esecutivo sarebbe stata una pessima figura insieme con il cedimento a pressioni non sempre trasparenti. Dunque su due materie, due emendamenti, due pareri, due diverse scelte: il primo caso riguarda l’abrogazione della norma del 2005 sulla statizzazione della Banca d’Italia, di cui abbiamo abbondantemente scritto, sempre nel contesto del decreto sulla spending review. Il sottosegretario Gianfranco Polillo dà correttamente parere positivo, che poi viene superato da uno negativo che un missus, quasi per litteram attribuisce alla perentorietà del disposto del ministro Grilli, quasi evocando il «vuolsi così colà…»; l’altro parere è quello testé richiamato sulla Covip, sempre del sottosegretario, anch’esso corretto e doveroso, che si spera sia definitivamente recepito, senza avocazioni. Anche perché evita al governo di smentire se stesso e al ministro di fare un nuova brutta figura dopo quella sugli spread che si apprestavano ad avvicinarsi ai 200 punti base, mentre poi risalirono velocemente stimolando diffusi comportamenti apotropaici. (riproduzione riservata)