Da quando lunedì 16 luglio è partito il doppio aumento di capitale di Unipol e Fondiaria-Sai molti piccoli azionisti delle due compagnie si sono lamentati per le modalità con cui sono state organizzate le due operazioni. La critica principale indirizzata a Unipol e FonSai – e a Mediobanca, che ha organizzato i due aumenti di capitale – è la seguente: se per qualunque motivo decido di non sottoscrivere integralmente l’aumento di capitale, vedrò il valore delle mie azioni polverizzarsi. Un’azionista di FonSai che decidesse di non seguire l’operazione vedrebbe infatti il valore del proprio investimento ridursi di circa il 99,5% mentre per il socio Unipol che decidesse di non aderire la perdita sarebbe di circa il 90%. Un esempio può aiutare a comprendere meglio. Prendiamo il caso di un piccolo investitore che ha acquistato 1.000 azioni FonSai ai primi di agosto del 2011, subito dopo l’aumento di capitale dello scorso anno, quando il titolo quotava circa 1,6 euro, investendo complessivamente 1.600 euro. Un anno dopo, il 2 luglio 2012, alla luce dell’accorpamento delle azioni nella misura di 1 ogni 100, il piccolo azionista si sarebbe ritrovato in portafoglio 10 azioni a un prezzo di carico unitario di 160 euro a fronte di un valore di borsa crollato a 88,5 euro principalmente a causa del dissesto del gruppo Ligresti. Il 16 luglio parte l’aumento di capitale da 1,1 miliardi che, va ricordato, è stato chiesto dall’Isvap per ripristinare il corretto margine di solvibilità ed evitare il default della compagnia: al nostro piccolo azionista, che ha in portafoglio 10 vecchie azioni, vengono dunque offerti 2.520 nuovi titoli da sottoscrivere al prezzo unitario di 1 euro (252 nuove azioni ogni vecchio titolo posseduto). Se decide di seguire l’aumento dovrà sborsare 2.520 euro e, contando anche le vecchie, si troverà complessivamente in portafoglio 2.530 azioni a fronte di un investimento totale di 4.120 euro. Il prezzo di carico di ciascun titolo sarà pertanto di 1,62 euro e se dunque, come probabile, al termine dell’aumento l’azione FonSai tratterà attorno a 1,18 euro, al nostro azionista rimarranno importanti margini per recuperare quanto investito. Supponiamo al contrario che il piccolo azionista decida di non seguire la ricapitalizzazione: al termine dell’operazione si troverà in portafoglio i suoi vecchi 10 titoli a un prezzo di carico elevatissimo (160 euro) e perderà di fatto tutto il valore del proprio capitale. Per limitare la perdita il piccolo azionista avrebbe potuto vendere il diritto d’opzione, ma avrebbe dovuto farlo subito lunedì 16, quando il diritto sulle ordinarie FonSai è entrato in contrattazione a 44,45 euro. Se fosse riuscito a vendere i suoi 10 diritti a quel prezzo avrebbe portato a casa 444,5 euro e la perdita sarebbe scesa a 1.155 euro (la differenza tra l’investimento iniziale di 1.600 euro e quanto incassato dalla vendita dei diritti). Più saggiamente avrebbe potuto liberarsi dei suoi 10 titoli nella settimana precedente l’inizio della negoziazione dei diritti; se lo avesse fatto, supponiamo, il 10 luglio, quando il titolo FonSai valeva 66 euro, avrebbe incassato 660 euro, che avrebbe potuto eventualmente reinvestire nell’aumento di capitale, acquistando i diritti sul mercato. Molti non l’hanno fatto e ora ritengono di essere stati eccessivamente penalizzati. Non c’era dunque un altro modo per strutturare i due aumenti e consentire agli azionisti, magari a corto di disponibilità, di preservare almeno in parte il valore del proprio investimento? Secondo gli istituti, coordinati da Mediobanca, che hanno organizzato e che si sono impegnati a garantire (a fronte di profumate commissioni) l’operazione, non si poteva fare altrimenti. Sia FonSai sia Unipol si sono infatti rivolte al mercato per raccogliere ciascuna 1,1 miliardi di euro a fronte di una capitalizzazione di borsa che nelle settimane precedenti l’operazione era di circa 300 milioni per la prima e di poco superiore ai 400 milioni per la seconda. Per poter procedere a un’operazione che fosse allettante per il mercato e avesse dunque la possibilità di concludersi con successo era infatti necessario emettere una grande quantità di nuovi titoli a un prezzo che fosse appetibile anche per nuovi investitori. Un po’ come fatto in passato in altri aumenti di capitali accompagnati a operazioni di ristrutturazione (Tiscali e Seat Pagine Gialle, entrambi nel 2009), dove anche allora si registrarono le proteste dei piccoli azionisti. Rimostranze inevitabili per quanto detto in precedenza ma che forse non tengono in debito conto il fatto che, più che per le condizioni dell’aumento di capitale, il valore dell’investimento è stato disintegrato dal crollo del titolo legato alla dissennata gestione da parte dei Ligresti e che senza l’aumento di capitale la compagnia sarebbe stata commissariata dall’Isvap. Per questo motivo la ricapitalizzazione di Fondiaria-Sai, ma in parte anche quella di Unipol, possono essere affrontate come se si trattasse dell’ipo della nuova grande compagnia che nascerà dall’integrazione tra i due gruppi. Una sorta di offerta pubblica iniziale ma effettuata con una valutazione dei due titoli a multipli di gran lunga inferiori a quelli delle altre compagnie assicurative quotate in Italia e in Europa. Non per niente gli analisti di Equita, in uno studio pubblicato lunedì 16 luglio all’avvio dell’operazione, hanno consigliato i propri clienti di investire sul soggetto nascente approfittando proprio del doppio aumento di capitale. In particolare il broker ha emesso giudizi buy sul diritto relativo alle FonSai ordinarie e su quello relativo alle nuove risparmio di categoria B. Equita ha espresso raccomandazione d’acquisto anche sulle risparmio di categoria A (con target price a 65 euro): questa categoria di azioni, infatti, a differenza delle ordinarie non subirà, a conclusione dell’aumento, quel fisiologico processo di allineamento al prezzo di emissione delle nuove azioni. Il portatore di azioni di risparmio A, dunque, potrà anche non seguire l’aumento di capitale senza vedere polverizzato il proprio investimento. Non solo, quando FonSai, o la compagnia che nascerà dall’integrazione con Unipol, dovesse generare utili, i possessori di queste azioni saranno remunerati con un dividendo di almeno 6,5 euro per azione, garantito per 3 esercizi. (riproduzione riservata)