Moody’s attacca l’Italia proprio mentre il premier Mario Monti arriva a Idaho, negli Stati Uniti, per convincere la finanza internazionale a investire nel nostro Paese. Un colpo basso quello sferrato dall’agenzia che ha tagliato di due scalini il rating dei titoli di Stato italiani (da A3 a Baa2) mantenendo un outlook negativo. Alla base della decisione, una serie di fattori di rischio. Fra questi il possibile contagio da Grecia e Spagna, ma anche un aumento dei costi complessivi di finanziamento e soprattutto i «segnali di erosione» sul fronte degli investimenti esteri, oltre al «deterioramento delle prospettive economiche nel breve termine» e l’incertezza politica legata a doppio filo con le elezioni della prossima primavera. L’agenzia di rating, benché riconosca che dei passi in avanti importanti siano stati fatti grazie alle riforme varate dal governo Monti, è convinta, insomma, che «i rischi che gravano sull’attuazione delle riforme restano considerevoli». L’agenzia statunitense teme, infatti, che la politica, con le elezioni alle porte e un clima di recessione in atto, possa frenare nell’attuazione di riforme sostanziali per il miglioramento della situazione economica e di bilancio del Paese. Le ragioni di Moody’s hanno però subito provocato un’ondata di polemiche. Per il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, il giudizio negativo dell’agenzia di rating è «del tutto ingiustificato e fuorviante» e, ha aggiunto, «non tiene conto del lavoro che il nostro Paese sta facendo». Sulla stessa linea anche Confindustria con il presidente Giorgio Squinzi che, a margine dell’assemblea Ance, ha fatto notare come in Italia il manufatturiero sia molto «più forte di quello che appare nelle valutazioni di Moody’s». Cosiderazioni condivise anche da Bruxelles che ha giudicato «inappropriata e discutibile» la tempistica del declassamento italiano da parte dell’agenzia di rating. Soprattutto per la concomitanza con un’importante asta di titoli di Stato. Appuntamento, quest’ultimo, cui gli investitori fortunatamente non sono mancati: nonostante la sforbiciata di Moody’s, infatti, è stato collocato l’importo massimo (3,5 miliardi, ma con una domanda per 6 miliardi) di Btp a tre anni a tassi in calo dal mese scorso (4,65% dal 5,30% dell’analoga asta di giugno) in una seduta decisamente volatile per lo spread che si è mosso fra i 468 e i 481 punti. Segno insomma che il mercato non si è fatto impressionare da Moody’s. Ha aiutato forse il sostegno di Berlino che ha evidenziato come Monti abbia «fatto riforme con coraggio e forza e si sia meritato il supporto tedesco». Anche dal Giappone è arrivato un messaggio di solidarietà all’Italia e all’esecutivo. Tokyo ritiene che i leader europei stiano «facendo gli sforzi necessari a risolvere gravi problemi mai sperimentati nella storia». Il ministro delle Finanze, Jun Azumi, si è detto certo che «l’Europa supererà i problemi e riavrà la fiducia del mercato».