CASTELLANO FA IL BILANCIO DI 8 ANNI DA SPA: 25 MILA IMPRESE ASSISTITE NEL LORO PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE E SONO QUASI TUTTE PICCOLE E MEDIE. IL RUOLO NELLA GESTIONE DEI CREDITI VERSO LA PA. ORA CON IL PASSAGGIO A CDP SI RIAFFACCIA IN ITALIA IL CREDITO DI LUNGO PERIODO

Stefano Carli

Roma «Con Sace e Cassa Depositi e Prestiti insieme, si aprono nuove opportunità per il sistema produttivo italiano, che potrà in particolare contare di nuovo su un soggetto che svolga le funzioni di prestatore di lungo periodo, in grado di assistere le imprese, anche quelle di media e piccola dimensione, in investimenti strutturali». Per Alessandro Castellano, ceo di Sace, l’imminente passaggio della sua società dalle insegne del Tesoro a quelle dell’istituto di Via Goito segna un punto di svolta. Il secondo, dopo quello di otto anni fa, quando fu messa la parola fine alla prima vita della vecchia Sace. La società allora si limitava ad assicurare gli investimenti delle aziende italiane nei paesi in via di sviluppo a seguito di accordi governativi, venne travolta dalle inchieste di Tengentopoli e dagli scandali legati alla Cooperazione internazionale. Se a inizio anni Novanta era arrivata ad assicurare il 5% dell’export italiano con un migliaio di polizze, dieci anni dopo le polizze erano scese a un centinaio e la quota di export assicurato alll’1%. Il numero delle polizze dice da solo che anche nel momento del massimo splendore Sace era comunque uno strumento per l’export di un numero ridotto di aziende. D’altra parte allora oltre la Fiat e le Partecipazioni Statali c’era poco altro. Oggi, nel nuovo assetto di Spa, che ha dal 2004, Sace è una realtà completamente diversa. «Assistiamo 25 mila imprese italiane, in prevalenza Pmi – enumera Castellano – E non

più solo assicurando export o investimenti esteri, ma anche facilitando il reperimento delle risorse finanziarie necessarie a sostenere il loro sviluppo internazionale. Siamo al loro fianco in grandi e piccole commesse all’estero, ma ci occupiamo anche di Italia, dove garantiamo finanziamenti per progetti in settori strategici (come infrastrutture e energie rinnovabili) e assicuriamo il fatturato delle imprese. Di recente siamo entrati nel factoring, in particolare con un focus ben preciso: quello di sbloccare i crediti delle aziende verso le pubbliche amministrazioni. Abbiamo sinora smobilizzato 2,8 miliardi di crediti vantati dalle imprese verso oltre 1.200 enti della PA». Sul prossimo campo di impegno della Sace targata Cdp – il finanziamento alle grandi opere infrastrutturali, dalle reti energetiche alle strade e alle ferrovie e fino alla nuova rete in fibra ottica per la banda larga – Castellano non si sbilancia: «Sarà competenza del nuovo azionista definire strategie, compiti e obiettivi», spiega. Ma è indubbio che ora il know how di Sace può dare un impulso decisivo. Con Sace lo strumentario operativo di Cdp si completa. Se attraverso Fsi, il Fondo Strategico, opera attraverso equity, entrando nel capitale delle imprese che hanno piani importanti di sviluppo, con Sace potrà operare sull’altro fronte, quello dell’assicurazione sugli investimenti, che abbatte il grado di rischio e quindi abbassa il costo del finanziamento bancario delle opere. E’ la stessa logica che guida le mosse di Sace in quelli che sono stati finora i suoi mercati operativi di riferimento. E in questo senso Castellano parla di rinascita di un sistema di credito di medio-lungo termine. («Sia ben chiara però una cosa: noi siamo una spa, operiamo a condizioni di mercato secondo principi di sostenibilità economica e finanziaria. Non facciamo e non faremo mai salvataggi o sussidi»). La nuova Sace completa il sistema italiano della finanza al servizio delle imprese riempiendo una casella che su altri mercati svolge un ruolo strategico, come Coface in Francia o Euler Hermes in Germania, che sono da tempo usciti dall’orbita pubblica e hanno seguito un percorso di sviluppo internazionale. «In tutti questi anni il Tesoro è stato un ottimo azionista ma è certo che questa nuova compagine azionaria rafforzerà l’orientamento al mercato dell’azienda e darà luogo a un nuovo e aggressivo strumento di competitività per il Sistema Italia». A sostegno dei suoi obiettivi Castellano fa riferimento ai risultati conseguiti da Sace e che si possono ripercorrere guardando le cifre del 2011. Nel settore dell’assicurazione alle esportazioni l’anno scorso Sace ha garantito un volume esportato per 6,4 miliardi di euro. Ma non solo: il 48% di queste operazioni a sostegno dell’export sono state realizzate online. Sace è infatti una struttura leggera: tra sede centrale, la rete italiana e un network di hub sui principali mercati di attività sono 689 persone, il 53% donne, il 40% sotto i 35 anni. E resterà leggera. Tanto più che ha appena siglato un accordo con Poste per vendere i suoi servizi alle Pmi anche attraverso la rete degli uffici postali. Per le piccole imprese in special modo, tutto si svolge nel territorio di appartenenza. Non c’è più bisogno di fare riferimento a Roma, non bisogna inviare carte, i responsabili locali hanno potere di firma (almeno fino a un certo limite di importo). E con Internet i tempi e la burocrazia sono stati drasticamente tagliati. Ma la Sace nella sua seconda vita è attiva anche sul mercato italiano con la controllata Sace Bt. Lo fa assicurando il fatturato dell’impresa. Nel 2011 ha assicurato volumi di ricavi per 23 miliardi. Si va da medie aziende come la Smeg per i suoi elettrodomestici alle telco mobili che assicurano le ricariche telefoniche che vendono alla rete di distribuzione, composte spesso di piccole attività (tabaccai, edicole) ad alto rischio di insolvenza. Ma l’assicurazione del fatturato è uno strumento adatto in particolare alle piccole imprese che si trovano a firmare per la prima volta commesse importanti che le costringono a investire e aumentare la produzione oltre i loro livelli normali: se il committente per qualche ragione dovesse rinunciare all’ordine l’impresa si trova coperta dall’assicurazione mentre senza la polizza avrebbe solo spese straordinarie da coprire a fronte di un fatturato atteso svanito nel nulla. «I settori produttivi maggiormente interessati? Tutti indistintamente – assicura Castellano – Non è questione di settori o di dimensioni ma di intelligenza imprenditoriale. Ogni impresa che punti alla fascia alta del suo settore e che per questo abbia bisogno di supporti finanziari per fare il salto di qualità è il nostro target di riferimento». RESTITUITI AL TESORO 3,5 MILIARDI Il bilancio di Sace è quello di una compagnia assicurativa. I suoi ricavi sono generati per oltre il 95% da attività assicurativa e il suo fatturato è costituito dai premi lordi, che nel 2011 sono ammontati a 442 milioni. Il risultato netto è stato di 139,5 milioni. Quando la Spa è nata, nel 2004 il suo patrimonio era costituito da 7 miliardi di crediti verso i paesi in via di sviluppo considerati “non performing” e di difficile esazione. Nel corso di questi otto anni però Sace è effettivamente riuscita a recuperarli tanto da aver restituito 3,5 miliardi di dotazione finanziaria al Tesoro (oltre a 2,1 miliardi di dividendi). L’impatto del rientro dei crediti ha avuto un peso positivo sui conti di Sace fino al 2010, anno in cui l’utile netto è stato, anche per questa ragione, superiore ai 400 milioni, come d’altronde anche il 2009.