di Edoardo Narduzzi

Con la sua intervista in apertura di prima pagina su Le Monde il presidente della Bce ha chiarito quanto noi scriviamo da tempo: la difesa dell’euro è la missione caratterizzante la Banca centrale europea e nessun tabù esiste per la sua realizzazione. Ovviamente i trattati esistono e come tutte le leggi vanno rispettati, quindi non è nel contesto delle cose possibili quello di una Bce che modifica fattualmente le regole del gioco. Il percorso che si sta per dischiudere per la condotta operativa della banca di Francoforte passa, quindi, per alcune opzioni, sicuramente originali, ma pienamente nelle potenzialità di una politica monetaria che ha come obiettivo anche quello di stabilizzare e di salvare la valuta della sua area commerciale investita da una tempesta speculativa. Mario Draghi per un ventennio è stato al timone di uno dei più importanti debiti pubblici del mondo. Come direttore generale del Tesoro ha vissuto le fasi più acute e difficili della finanza pubblica italiana e la conseguente strategia di allungamento della vita media dei titoli di stato. Da questa prospettiva di analisi è un professionista oggettivamente unico nel contesto internazionale, perché ha potuto maturare sul campo una esperienza davvero particolare. Esperienza che ora può tornargli molto utile. L’Italia e, dopo le ultime manovre per 102 miliardi di euro, anche la Spagna sono emittenti che hanno compiutamente intrapreso la strada del risanamento. Sicuramente dovranno fare ancora qualche altro compito a casa per far ripartire davvero una crescita coerente con la necessità di ridurre il debito, ma è indubbio che hanno riformato le componenti di spesa corrente e creato, sicuramente l’Italia, un contesto da pareggio di bilancio. Come tutti i grandi debitori che ristrutturano, anche gli emettenti pubblici hanno bisogno di tempo. Così come nessuna banca commerciale può chiedere a una grande corporation indebitata di fare tutto in pochi mesi, pena il suo default e la volatilizzazione degli asset, allo stesso modo non ci si può illudere che le politiche di finanza pubblica possano invertire la rotta in un batter di ciglia. Sono portaerei in navigazione e per farle manovrare serve tempo. Draghi, ovviamente, queste cose le conosce bene e per questa ragione la Bce potrebbe decidere politiche di stabilizzazione innovative. Come? Decidendo, per esempio, di ristrutturare, allungandone la scadenza, il debito di Italia e Spagna. I Btp e Bonos già nella disponibilità della Bce perché acquistati sul mercato secondario o perché dati in garanzia come collateral dalle banche nelle due operazioni di Ltro (in questo caso la banca di Francoforte acquisterebbe i titoli liberando la garanzia e svincolando l’azienda di credito dall’obbligo di restituzione a scadenza) possono diventare oggetto di una trattativa molto peculiare. La Bce, a fronte di nuove riforme e di specifiche garanzie aggiuntive sulle politiche future da parte degli emittenti che in caso di violazione perderebbero buona parte o tutta la sovranità in materia di politiche di bilancio e fiscali, concederebbe l’allungamento della scadenza di Btp e Bonos al tasso di mercato medio dell’Eurozona. In questo modo Italia e Spagna avrebbero la possibilità di avere titoli emessi a 10 anni ma la cui scadenza diventerebbe trentennale e sui quali pagherebbero una cedola alla stessa Bce da tasso medio dell’emittente euro per quella tipologia di scadenza. Gli Stati emittenti avrebbero il doppio beneficio di dover pagare meno interessi passivi annui e di dover rimborsare meno quote in conto capitale con il duplice vantaggio di migliorare i saldi del bilancio e, quindi, il rating e di poter destinare parte delle nuove risorse a politiche per lo sviluppo. La Bce non avrebbe creato nessuna moneta aggiuntiva rispetto a quella già emessa e disporrebbe in bilancio di titoli di Stato originali vendibili a fondi pensione o assicurazioni interessati ad avere scadenze lunghe con cedole certe. Un intervento del genere permetterebbe alla parte di debito pubblico dell’Eurozona che va necessariamente ristrutturato, per dare il tempo necessario alle politiche di aggiustamento di dispiegare gli effetti attesi, di cambiare pelle nell’attivo di bilancio della Bce, sfruttando il vantaggio, di non poco conto, della peculiarità operativa di questa istituzione. La Bce può essere un prestatore di ultima istanza, come in molti invocano da mesi, senza dover seguire necessariamente strategie stereotipali. La finanza è fantasia, Draghi all’Eurotower può nuovamente certificarlo. (riproduzione riservata)