Peggiora la qualità dei servizi sanitari nelle regioni e, parallelamente, aumenta la percezione tra i cittadini che si riduca la qualità delle attrezzature. Piani di rientro, tagli e politiche di contenimento della spesa pubblica pesano come un macigno sulla sanità che, nel periodo pre-crisi, ha visto crollare il ritmo di crescita della spesa pubblica sanitaria, mentre è esplosa la spesa privata. In uno scenario dove oltre 9 milioni di italiani hanno rinunciato a prestazioni sanitarie a causa di ragioni economiche, i fondi sanitari integrativi diventano un importante sostegno per garantire ai cittadini adeguati livelli assistenziali e socio-sanitari. È quanto emerge da una ricerca di Rbm Salute e Fondazione Censis, promossa in collaborazione con Munich Health, che è presentata in occasione della seconda edizione del Welfare day lo scorso 5 giugno a Roma. Il quadro che emerge dall’indagine Rbm Salute-Censis «I Fondi sanitari tra integrazione, sostituzione e complementarietà » è preoccupante. Pesante il giudizio sulle prestazioni del Ssn della propria regione: il 31,7% degli italiani ha visto peggiorare la sanità, con un aumento del 10% tra il 2009 e il 2010; parallelamente si registra una contrazione del 7,3% degli italiani che avvertono invece un miglioramento. Ancor più allarmante l’impatto dei tagli alla sanità: il 58,1% degli italiani teme infatti che la necessità di contenere la spesa sanitaria, magari acquistando prodotti al prezzo più basso, possa determinare rischi per la salute. Nel 2015 è previsto un gap di circa 17 miliardi di euro tra le esigenze di finanziamento della sanità e le risorse disponibili nelle regioni. I tagli alla sanità pubblica abbassano la qualità delle prestazioni e generano iniquità. Per questo è prioritario trovare nuove aggiuntive per impedire che meno spesa pubblica signifi chi più spesa privata e meno sanità per chi non può pagare. In questo scenario a tinte fosche, la sanità complementare rappresenta «un’opportunità per una sanità equa e sostenibile», afferma l’indagine Rbm Salute- Censis. Secondo gli ultimi dati resi noti, in Italia operano circa 300 fondi sanitari integrativi, iscritti all’Anagrafe presso il ministero della Salute, che coinvolgono circa 6 milioni di persone aderenti e che gestiscono un portafoglio pari al 14% circa della spesa privata, che ammonta a 30 miliardi di euro. L’indagine di Rbm Salute-Censis si è focalizzata di assistiti e importi richiesti per prestazioni pari a oltre 1,5 miliardi di euro nel triennio 2008-2010. Il 55% degli importi dei Fondi integrativi ha riguardato prestazioni sostitutive (ricovero ospedaliero, day hospital ecc.) fornite in alternativa a quelle dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) del Servizio sanitario. Il restante 45% degli importi ha riguardato prestazioni integrative (cure dentarie, fi sioterapia ecc.). Tra questi c’è anche Cadiprof, la Cassa di assistenza sanitaria integrativa per gli studi professionali. «Il punto fermo è che i dipendenti degli studi professionali dispongono di un ampio ventaglio di tutele integrative rispetto al servizio pubblico», commenta De Gregorio, direttore Cadiprof. «Fino a qualche anno fa era impensabile ipotizzare politiche di welfare contrattuale allargate a una così signifi cativa fascia della popolazione». È chiaro che le modifi che intervenute negli ultimi anni sul fronte della spesa sanitaria hanno condizionato l’attività della Cassa, chiamata a svolgere una funzione di supplenza e supporto al Servizio sanitario nazionale. L’escalation delle prestazioni erogate è cresciuta in misura direttamente proporzionale ai tagli resi necessari dalle misure di contenimento della spesa pubblica, garantendo comunque l’equilibrio gestionale della Cassa», afferma De Gregorio. «Da questo punto di vista le nuove misure introdotte con il decreto sulla spending review rappresentano una nuova sfi da, anche dal punto di vista gestionale. Per una Cassa di derivazione contrattuale come Cadiprof diventa essenziale monitorare e governare i cambiamenti dell’offerta pubblica. Perché laddove non potrà arrivare la sanità pubblica, dovranno intervenire i fondi sanitari integrativi».