Di Angelo Di Mattia

Il consiglio superiore della Banca d’Italia ha rinnovato il mandato di Fabrizio Saccomanni quale direttore generale per un altro periodo statutario, esprimendo apprezzamento per l’alto dirigente. Il governatore Ignazio Visco nelle Considerazioni Finali di fine maggio aveva rilevato l’importanza della collaborazione con Saccomanni e aveva chiaramente lasciato intendere che, per il carattere prezioso di questo apporto, avrebbe promosso il rinnovo del mandato. Solo qualcuno con la testa fra le nuvole aveva capito fischi per fiaschi e aveva interpretato quelle chiare espressioni di Visco come una specie di commiato. La professionalità e l’esperienza non comuni del direttore generale ne fanno un civil servant a tutto tondo e sono state tali, unite a un costume di particolare equilibrio ed eticità del governatore, da smentire sonoramente chi aveva preconizzato strascichi della vicenda relativa alla faticosa successione di Mario Draghi, pessimamente gestita dal governo Berlusconi, che aveva visto il nome di Saccomanni indegnamente sbattuto in prima pagina in una gara degna di miglior causa. Oggi la collaborazione tra governatore e direttore generale è piena e proficua; si svolge in nome della tradizionale lealtà istituzionale propria di chiunque lavora all’interno della Banca; ha per fini il superiore interesse dell’Istituto e gli interessi generali; se ne vedono i riflessi sia nell’organizzazione e gestione interne sia nell’esercizio delle funzioni istituzionali, divenuto ancor più complesso nella grave crisi che il Paese e l’Europa attraversano. Il governo della nave è in mano a un uomo, Visco, cresciuto nell’Istituto dove ha percorso tutti i gradi della carriera, non senza aver fatto numerose esperienze esterne, sia nel campo teorico sia in quello della praxis; lo stesso si dica per Saccomanni, che lo coadiuva e lo surroga nei casi di assenza o impedimento. Collegialmente, nel direttorio, si esercitano poi le funzioni aventi rilevanza esterna. Ora Saccomanni si appresta a svolgere un ulteriore compito, quello di presidente dell’Ivarp, incarico attribuito ope legis al direttore generale della Banca d’Italia. Si tratta dell’Istituto che ha assorbito le funzioni di Isvap e Covip sulla base del decreto legge in corso di conversione al Senato sulla spending review. È stato il primo tassello della riforma delle Authority in materia di credito e risparmio. Ora siamo nel periodo della gestione transitoria. A regime, il consiglio dell’Ivarp, presieduto come accennato e con due consiglieri, si occuperà dell’organizzazione e della gestione interne. Le funzioni istituzionali saranno, invece, di competenza del direttorio della Banca d’Italia, integrato dai due menzionati consiglieri. Non mancano tentativi, aperti od obliqui, di modificare questa scelta che, tuttavia, sono destinati all’insuccesso, considerato anche che, con il decreto, si sono ormai tagliati i ponti con le precedenti configurazioni istituzionali. Bisognerà esaminare in dettaglio la quarantina di emendamenti che sono stati presentati a Palazzo Madama su questo punto; emendamenti che potrebbero essere destinati a venire assorbiti, previe amputazioni, in quello maxi che probabilmente il governo presenterà ponendo la fiducia. Una cosa, comunque, sarebbero alternative a questa o quella formulazione che non intacchino la sostanza delle previsioni del decreto su tali aspetti (alternative che potrebbero anche essere utili), altra cosa invece sarebbe un tentativo di stravolgimento o di sottrazione di soggetti al nuovo ente di controllo. Alcune proposte di modifica si limitano a sopprimere l’Isvap (non la Covip), creando un ente chiamato Ivass, che è lontano dal testo del decreto. Occorrerà essere vigili per evitare annacquamenti o svilimenti dell’ultimo momento. Dal canto suo, la Banca eliminerà prevenendola ogni ipotesi di conflitto di interesse meramente potenziale che si potrebbe ravvisare nell’esercizio di questa nuova Vigilanza.