DI SERGIO LUCIANO

C’è anche una «tassa sull’onestà»: è nata due mesi fa e, certo inavvertitamente, il governo l’ha introdotta nell’ordinamento nazionale con il decreto sulle liberalizzazioni. È nascosta nelle nuove regole partorite allo scopo di incentivare l’uso delle «scatole nere» sulle automobili, cioè quei dispositivi che registrano ogni viaggio, ogni tragitto, ogni accelerazione, ogni frenata e che permettono di smascherare eventuali truffatori contraddicendone le false dichiarazioni: dispositivi, quindi, apprezzati soltanto dagli automobilisti onesti, che non hanno cioè l’intenzione di truffare il loro assicuratore. Ebbene, la loro onestà fi nisce tassata, perchè il governo ha disposto che questi aggeggi, di cui per ora circolano meno di un milione di pezzi su oltre 30 milioni di autoveicoli, vengano incentivati con sensibili sconti dalle compagnie di assicurazione che dovranno accollarsi il costo di installazione e gestione. Eppure questa nuova norma, li tassa: e nessuno la applica. Com’è possibile un simile paradosso? Vediamo come funzionava il meccanismo prima del generoso e strampalato intervento governativo. Il milione di «scatole nere» collegato a polizze RcAuto già funzionante in Italia è stato venduto agli automobilisti sulla base di tre argomenti: primo, se qualcuno dice che lo hai tamponato procurandosi dei testimoni falsi che lo attestano, tu puoi dimostrare che mente; secondo, se qualcuno ti ruba l’auto e tu hai su la scatola nera, quando te ne accorgi e dai l’allarme hai molte possibilità di ritrovarla perchè l’aggeggio, a meno che non sia stato smontato (ma è nascosto) segnala la posizione dell’auto; terzo, se nella nebbia fi nisci in una roggia e resti stordito, parte un allarme di sicurezza e ti vengono a prendere (è capitato!). Il tutto, pagando per di più, per quella RcAuto «scatolata», una tariffa talmente scontata (almeno il 15%) da permettere in due anni di recuperare il costo della scatola nera, e dal terzo anno in poi guadagnarci. Così funzionava: poco (i veicoli che circolano in Italia sono circa 40 milioni!) ma bene. Col nobile intento di migliorare la situazione il governo ha detto: «Signori si cambia, da domani il costo della scatola deve sostenerlo la compagnia d’assicurazioni, che deve comunque fare anche uno sconto». Ma che bravi. Peccato che addossando alle compagnia il costo delle «scatole», le compagnie medesime devono spesarlo nel prezzo della polizza stessa (non hanno il diritto di vendere aggeggi elettronici a parte!) e quindi su quell’importo scattano le provvigioni per gli agenti, il 10% circa del valore della polizza, un’aliquota fi scale tra il 12,50 e il 16,50% del premio e il 10,50% di contributo al Servizio sanitario nazionale! Insomma, qualcosa come il 35% medio di tasse e oneri impropri, che si sono risolti in un formidabile disincentivo alla vendita di questo genere di polizze perchè hanno ridotto lo sconto al lumicino. Il cliente, se capisce che al massimo risparmia un 5%, non va a toccare l’impianto elettrico della macchina, col rischio che la moglie (o il marito) sappia anche dalla scatola nera che la sera del’anniversario anziché essersi trattenuto al lavoro era andato dall’amichetta (amichetto); e insomma, così facendo, il governo ha sortito l’effetto contrario a quello cercato. Detto questo, bisogna anche aggiungere che le compagnie potrebbero inventarsi qualce escamotage: per esempio, fare grandi accordi di leasing sugli apparati, o rimborsare il costo della scatola al cliente facendolo sostenere a lui, ma lo farebbero se non fossero una categoria un po’ passatista. Al punto da aver cambiato linea tra febbraio, quando invocavano a gran voce qualche provvedimenti anti-truffe, lamentando i 300 milioni di euro annuali di sovracosto legato alle truffe, soprattutto i fi nti «colpi di frusta» che la scatola nera smaschera facilmente, e luglio: dieci giorni fa, infatti, l’Ania in Parlamento ha chiesto appunto una serie di modifi che alla norma come precondizione per applicarla. Stravagante scelta, quella di giustificare davanti al legislatore l’inapplicazione di una legge! Però, insomma, un po’ di ragione ce l’hanno: e soprattutto, più di loro, la ragione ce l’hanno, tanto per cambiare, i contribuenti, che vedono ricicciare da tutte le parti un fi sco invadente, onnipresente e del tutto castrante, un vero e proprio fattore di recessione, a tutti i livelli. © Riproduzione riservata