di Andrea Montanari

La Caporetto vissuta venerdì 13 dalle azioni ordinarie di Fondiaria- Sai (-18.4%) e, in parte, da Unipol (-7.82%) potrebbe essere poca cosa rispetto a quello che analisti e broker si aspettano a partire da lunedì 16, quando scatteranno gli aumenti di capitale delle due compagnie, entrambi da 1,1 miliardi, propedeutici alla maxifusione a quattro con la holding Premafin e la Milano Assicurazioni, che si concretizzerà a settembre. Perché visti i prezzi di emissione (1 euro per le ordinarie FonSai e 0,565 euro per le risparmio e 2 euro per le ordinarie Unipol e 0,975 euro per le privilegiate), gli sconti e gli attuali valori di borsa dei titoli coinvolti, gli scostamenti sono talmente elevati che sono prevedibili altri forti scosse. Questo almeno si sostiene nelle trading room milanesi che seguono le società. Compagnie che dopo il via libera del Tar del Lazio e il nullaosta Consob alla pubblicazione dei prospetti non attendono altro che la riprova dei mercati. Con il supporto del consorzio di garanzia (Mediobanca, Unicredit, Nomura, Credit Suisse, Ubs, Barclays e Deutsche Bank affiancate da Banca Aletti, Carige, Banca Akros e Centrobanca) che alla fine incasserà 60 milioni. «I diritti delle azioni subiranno forti oscillazioni al ribasso», dicono gli analisti interpellati da MF-Milano Finanza. «Non sappiamo se questo fenomeno durerà a lungo. Ma se i diritti scenderanno del 40-60% la sensazione è che i gestori avranno l’opportunità di acquistarli». E che almeno nelle giornate da lunedì 16 a mercoledì 18 ci possa essere volatilità lo dimostra la posizione della Consob che ha «formulato un richiamo al puntuale rispetto da parte di chiunque del divieto di vendite allo scoperto». Un monito, quello arrivato venerdì 13, che «tiene conto della natura fortemente diluitiva dei due aumenti di capitale». Circostanza, secondo la Commissione, «che determina un elevato rischio che durante il periodo di offerta delle nuove azioni si verifichino anomalie e forti disallineamenti di prezzi. Il rischio è una replica di quello che accadde a gennaio con la ricapitalizzazione da 7,5 miliardi di Unicredit, quando il titolo perse il 60% in quattro sedute. Ma questa è una situazione differente perché la market cap dei titoli coinvolti è decisamente inferiore al valore dei singoli aumenti: FonSai capitalizza 219 milioni e ha perso il 51% nelle ultime due settimane e Unipol vale 328 milioni dopo una flessione del 29,6%. Al momento l’appeal verso gli investitori è anche limitato dal fatto che si tratta di titoli del settore finanziario, che oggi presentano forti incertezze legate alla condizione dei mercati globali e al sentiment del Paese Italia. Ma siccome tutto ha un prezzo è plausibile che alla fine non resterà molto inoptato. Né per Unipol, né per FonSai. «È ipotizzabile un maggior interesse per l’aumento quest’ultima», osserva un analista, «perché rappresenta un leader nel suo settore, ha una storia di ristrutturazione e opera anche nella rc auto, business che qualcuno vorrà giocarsi». Per cui se i diritti delle ordinarie FonSai (ne verranno emesse 916,895 milioni) e delle risparmio (321,76 milioni di azioni di categoria B) caleranno in maniera consistente si assisterà a una corsa all’acquisto. «Con una flessione del 50-60% ci saranno gestori disposti a entrare in partita». Anche perché, notano nelle sale operative, c’è un particolare non trascurabile che potrebbe riaccendere l’attenzione per il titolo: «Post-fusione, a fine anno, FonSai si ritroverà con una market cap sufficiente per rientrare nel paniere del Ftse-Mib. Ciò porterà gli hedge fund che lo usano come benchmark a reinserirla nel portafoglio ». Per cui, «meglio giocare d’anticipo, entrando con valori più bassi e poi attendere il rilancio». Comunque ci si aspetta che anche gli sconfitti, Sator (3%) e Palladio (5%), sottoscriveranno per abbassare i prezzi di carico. Diversa, nei pronostici, la situazione di Unipol «che di fatto è una derivata dell’operazione visto che il grosso si gioca a livello di FonSai. Inoltre la compagnia bolognese sopporta l’onere di Unipol Banca, un asset problematico dal quale gli investitori, potendo, resterebbero lontani». Situazione ancor più delicata quella delle azioni Unipol privilegiate, «perché se Unipol ha un’azionista di riferimento, Finsoe, che ha garantito la sottoscrizione pro quota», concludono i broker, «per le privilegio ci sono due aspetti da considerare: l’elevato numero di nuove azioni in circolazione (oltre 260 milioni a fronte delle 422,85 milioni di nuove ordinarie) e l’eccessiva frammentazione dei possessori». A scopo di investimento l’azione privilegiata è stata preferita dai tanti piccoli risparmiatori che gravitano nell’area delle Coop, a cui fino a pochi anni fa questo titolo ha assicurato quanto meno generosi dividendi. La crisi finanziaria, qualche incidente di percorso come le polizze index linked con sottostante bond Lehman Brothers e l’investimento sfortunato in Unipol Banca hanno ribaltato la situazione: stop ai dividendi e quotazioni a picco. Ora l’incognita della fusione con il gruppo Ligresti, con effetti già oggi devastanti sul valore di borsa dei titoli. (riproduzione riservata)