La normativa allontana il fine lavoro e assottiglia gli importi. E così diventa più conveniente rivolgersi alle forme di pensione complementare 

La manovra economica picchia duro sulla previdenza e i fondi pensione potrebbero approfittarne. Stando alle ultime novità in materia, infatti, nei prossimi anni si allontanerà il fine lavoro e si assottiglieranno gli importi erogati. Nel 2050, per esempio, gli uomini dovranno avere circa 70 anni per andare in pensione di vecchiaia. Per non parlare dei prelievi del 5% sugli importi sopra ai 90.000 euro lordi annui e del 10% per la quota superiore ai 150.000. E poi ci sono peggioramenti anche per la rivalutazione in base all’aumento del costo della vita (si salva solo chi prende meno di 1.400 euro al mese). «Secondo le più recenti indagini – spiegano da Morningstar – il dipendente privato che è andato in pensione nel 2008 ha incassato un importo che vale circa il 70% dell’ultima retribuzione, mentre suo figlio, quando lascerà il lavoro nel 2040, prenderà solo il 52% dell’ultimo stipendio». Insomma, non è tempo di fidarsi delle casse pubbliche e a un numero crescente di persone potrebbe convenire rivolgersi alla previdenza complementare. Anche perché potrebbero esserci in arrivo altre novità in grado di rendere più allettanti questi strumenti. Come dice Andrea Cardone, direttore commerciale Sud Europa di Janus Capital Group: «Secondo alcuni rumor l’imposta sui fondi pensione potrebbe scendere all’11% dall’attuale 12,5%». Per saperlo con certezza bisognerà aspettare la fine della discussione sull’unificazione dell’aliquota sulle rendite finanziarie, ma in ogni caso, sostiene il direttore commerciale di Janus, «i fondi pensione restano convenienti rispetto a investimenti di altro genere». E leggendo la tabella qui sotto, in effetti, sembra che ci siano buone occasioni per chi individua lo strumento più adatto. I su e giù delle Borse delle ultime settimane, poi, non dovrebbero spaventare troppo. «Quello dei fondi pensione – insiste Cardone – deve essere sempre un investimento a lungo termine, e per loro natura è giusto che siano strumenti abbastanza conservativi e molto diversificati». In altre parole: niente colpi di testa alla ricerca di grossi guadagni puntando tutto sui rischiosi azionari, visto che il primo obiettivo deve sempre e comunque essere battere l’inflazione. A fare il punto sull’andamento del settore ci ha pensato qualche settimana fa il presidente della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), Antonio Finocchiaro. «Alla fine del 2010 le risorse patrimoniali delle forme pensionistiche complementari – ha detto – superavano gli 83 miliardi di euro, con un incremento, rispetto al 2009, del 13%». In particolare, queste erano composte per il 57% da certificati di debito (l’80% titoli di Stato). «A fine marzo – ha dichiarato ancora Finocchiaro – le risorse complessive si stima abbiano raggiunto gli 85 miliardi di euro». Rispetto al periodo precedente, quindi, l’aumento dovrebbe essere circa del 2 per cento. «Le difficoltà degli ultimi anni – ha concluso – hanno inciso anche sulla regolarità della contribuzione». Chissà che la manovra traghetti davvero tanti contribuenti verso la previdenza complementare.