Pagina a cura di Luciano De Angelis e Christina Feriozzi  

 

Per poter costituire un’esimente a fronte delle responsabilità dell’ente, ex dlgs 231/2001, il modello organizzativo dovrà essere strutturato secondo le migliori conoscenze, consolidate e condivise nel momento storico in cui è commesso l’illecito. Tale organizzazione dovrà essere finalizzata se non ad annullare almeno a minimizzare il rischio tipico.

È quanto si legge nella circolare Assonime «Responsabilità della società da reati finanziari e societari: una mappa della disciplina 231 in un caso giudiziario».

 

Il caso preso a riferimento dall’Associazione italiana delle società per azioni è quello della sentenza del 3 novembre 2010, relativa alla condanna di Banca Italease a titolo di responsabilità ex dlgs 231/01 per i reati di false informazioni sociali, manipolazione di mercato e ostacolo alle funzioni di vigilanza, commessi dall’amministratore delegato e dal direttore generale.

La sentenza prende in esame alcuni profili di rilevante interesse e controversi della disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti (riportati nel box).

 

La vicenda. La vicenda, che ha visto la pronuncia del Tribunale ambrosiano riguarda la Banca Italease la quale, secondo Assonime, nel tempo ha mutato di fatto la propria attività, senza adeguare la struttura organizzativa e senza rafforzare il sistema dei controlli interni, convertendosi, in sostanza, da società di leasing a banca multi-prodotto e multi-canale con ambiziosi obiettivi reddituali. Tali obiettivi venivano perseguiti specialmente mediante la conclusione di contratti derivati aventi ad oggetto strumenti finanziari estremamente rischiosi, acquistati dalle banche prodotto e venduti alla clientela. A fronte di ogni strumento derivato sottoscritto con la clientela, la Banca stipulava un contratto speculare con le medesime caratteristiche con «banche prodotto» a copertura del rischio di mercato da essa sopportato.

 

La questione di legittimità costituzionale. In primo luogo il tribunale di Milano (sostituendosi in qualche modo alla Corte costituzionale) si pronuncia su un argomento sollevato dalla difesa secondo la quale il difetto di determinatezza in ordine alle indicazioni che devono essere osservate dall’ente nella predisposizione e attuazione di modelli organizzativi efficaci, renderebbe difficile stabilire a priori il contenuto minimo necessario dei modelli organizzativi e renderebbe difficile per l’ente provare di avere agito correttamente.

Secondo il foro ambrosiano, di contro, la possibilità per l’ente di documentare l’esistenza di un sistema organizzativo idoneo alla prevenzione dei reati, escludendo in tal modo la propria responsabilità, vale infatti a escludere l’illegittimità di detta norma per violazione dei principi di uguaglianza e di diritto alla difesa contemplati rispettivamente dagli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Assonime, tuttavia, pur convenendo con le ragioni del tribunale di Milano, assume una posizione critica riguardo all’inversione dell’onere della prova contemplata dall’art. 6 del dlgs 231/2001, per cui spetta all’ente dimostrare di aver adottato, ed efficacemente attuato, modelli organizzativi idonei alla prevenzione dei reati, nonché di aver nominato un organismo che ha vigilato sul loro corretto funzionamento, in quanto dimostrare l’idoneità del modello a fronte di un reato già verificatosi, imponga all’ente una sorta di prova diabolica. Viene auspicato, quindi, che siano recepiti i recenti progetti di riforma finalizzati a spostare sul p.m. l’onere probatorio in merito alla inefficacia dei modelli organizzativi.

In merito all’art. 27 Cost., ai sensi del quale la responsabilità penale è personale, Assonime, ricorda altresì una recente pronuncia della Cassazione penale (Cass. pen. 27 febbraio 2010 n. 27735) secondo cui: «I soggetti in posizione apicale agiscono infatti quali veri e propri organi dell’ente stesso, con la conseguenza che quest’ultimo risponde per fatto proprio (il che, quindi, non intacca il principio di cui all’art. 27 della Costituzione di divieto di responsabilità penale per fatto altrui) in quanto l’illecito commesso, per effetto del rapporto di immedesimazione organica, diviene fatto di cui l’ente stesso è tenuto a rispondere».

 

Organizzazione del modello. Aspetto fondamentale secondo Assonime della sentenza in commento è quello di delineare la «… cornice normativa in cui si inserisce il dovere per le società di auto organizzarsi, chiarendo che la “colpa da organizzazione”, quando si realizza, non è una colpa generica, ma puntuale, la quale genera in capo all’ente una responsabilità che consegue alla violazione di disciplina positiva_L’art. 2381 c.c. attribuisce, infatti, agli amministratori il compito di valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile dell’impresa e agli organi delegati il compito di curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa. L’art. 2403 invece affida al collegio sindacale il compito di vigilare sull’adeguatezza dell’assetto e sul suo concreto funzionamento».

Consegue da ciò che, a parere del tribunale di Milano «… la procedimentalizzazione dell’attività può essere fatta seguendo puntuali regole e indicazioni previste direttamente dalla normativa (di rango primario, secondario) e dall’autoregolamentazione».

Con il dlgs 231 si delinea, dunque, un contenuto tipico dei modelli organizzativi e «_ciascun ente può mutuare le prescrizioni organizzative di dettaglio dall’insieme della disciplina primaria e subprimaria di settore, dagli atti di autoregolamentazione vigenti e dalle linee guida emanate dalle associazioni di settore. Il giudice, chiamato a deliberare l’idoneità di un modello organizzativo, deve fare riferimento alla disciplina di un determinato settore al tempo della condotta criminosa in contestazione e verificare quali cautele organizzative siano state adottate dall’ente per scongiurare un dato fatto criminoso e come le stesse in concreto siano state adottate con riferimento al miglior sapere tecnico disponibile all’epoca».

© Riproduzione riservata