Se l’Asl è responsabile di malasanità non può liquidare il danno biologico e negare quello morale. Con la sentenza numero 6749 del 2011, secondo la Suprema corte quando l’Asl è responsabile, il giudice non può riconoscere al paziente il danno biologico ed escludere quello morale sul rilievo che la condotta dei medici non configura alcun reato. La terza sezione civile ha, dunque, accolto il ricorso degli eredi della donna morta dopo aver contratto l’epatite «C» in seguito a una trasfusione di sangue. Sbaglia il giudice del merito che, nel riconoscere la responsabilità dell’azienda sanitaria per la patologia contratta dalla signora, liquida il solo danno biologico ai congiunti escludendo il risarcimento di quello morale: non conta che in capo ai sanitari che hanno operato non sia configurabile alcun illecito penale, né lesioni personali né tanto meno omicidio colposo; ai fini del pregiudizio di cui all’articolo 2059 Cc, di fronte a un diritto inviolabile della persona come la salute, la risarcibilità non può essere affermata riferendosi a una qualificazione che riguarda il comportamento dell’agente. E cioè, nella specie, se abbiano o meno compiuto un reato i medici e gli infermieri che hanno preso in carico la danneggiata. Laddove risulta leso un bene fondamentale, il danno risarcibile deve essere individuato sul piano delle conseguenze prodotte e non delle modalità con cui la lesione è avvenuta.