Confisca di beni in caso di reato fiscale dell’amministratore

Pagina a cura di Debora Alberici

Scatta la confisca per equivalente sui beni dell’azienda in caso di reato fiscale commesso dall’amministratore anche fuori dalle ipotesi di responsabilità amministrativa dell’ente, contemplate dalla legge 231. A questa importante conclusione è giunta la Corte di cassazione che, con la sentenza numero 28731 del 19 luglio 2011 (destinata alla massimazione ufficiale), ha confermato la misura reale sul patrimonio di una cooperativa di Genova per le accuse di occultamento delle scritture contabili mosse al suo amministratore. È noto che questo reato non è contemplato dalla 231. Per questo la difesa ha chiesto che fosse annullato il sequestro per equivalente. Ma la terza sezione penale, nel confermare la decisione del Tribunale delle Libertà del capoluogo ligure, ha considerato irrilevante che alla cooperativa non fosse stata ascritta alcuna responsabilità amministrativa. Ha invece sottolineato che il reato di occultamento delle scritture contabili crea un profitto all’azienda. Sul punto gli Ermellini hanno motivato che «il reato è addebitabile allo indagato, ma le conseguenze patrimoniali ricadono sulla società a favore della quale la persona fisica ha agito salvo che si dimostri che vi è stata una rottura del rapporto organico». Non solo. «Questo principio, si legge nel passaggio successivo della sentenza, non richiede che l’ente sia responsabile a sensi del dlgs 231/2001». E ancora, dice Piazza Cavour, «sul punto si deve rilevare che, nella specie, si procede in relazione al reato di occultamento e distrazione di documenti contabili e che la condotta ascritta all’indagato ha recato vantaggio alla società». In altri termini, la cooperativa non può essere considerata «terza estranea» al reato perché «partecipa all’utilizzazione degli incrementi economici che ne sono derivati». Dunque, il profitto non può essere collegato, per il tipo di illecito commesso, ad un bene individuale, e quindi il sequestro (finalizzato alla confisca) non può che essere disposto per equivalente. Nell’udienza svoltasi al Palazzaccio lo scorso 7 giugno, anche la procura generale della Suprema corte ha chiesto alla terza sezione penale di confermare la misura reale disposta sul patrimonio sociale. Ora la Cassazione l’ha resa definitiva pronunciando, a questo punto, un verdetto senza appello.