Ai tentennamenti della politica europea e americana sul problema del debito sovrano si aggiungono i costi del nuovo piano di salvataggio della Grecia, particolarmente svantaggiosi per Roma. Nuovo record dell’oro 

di Marcello Bussi

Piazza Affari ieri è tornata a indossare la maglia nera d’Europa. E ancora una volta sono state le banche a zavorrare il listino. L’euforia per l’accordo sul nuovo piano di aiuti alla Grecia raggiunto giovedì scorso al vertice straordinario dei capi di Stato e di governo di Eurolandia è durata poco perché si farà piena chiarezza su ruolo e dotazione del Fondo salva-Stati (Efsf) solo a settembre mentre la mancata intesasull’aumento del tetto del debito pubblico Usa (vedere articolo a pag. 3) ha aggiunto altra carne al fuoco dei ribassisti, che negli ultimi tempi sono particolarmente attivi proprio al lunedì, trovando appigli nei giudizi emessi il venerdì precedente dalle agenzie di rating ma non solo.

 

Questi due fattori, tuttavia, non hanno particolarmente penalizzato le altre piazze europee, tanto che Francoforte è riuscita a chiudere con un segno positivo (+0,2%), mentre Londra ha perso solo lo 0,2% e Parigi se l’è cavata con un ribasso dello 0,8%. Piazza Affari, invece, ha lasciato sul terreno il 2,5%, facendo peggio anche di Madrid (-1,9%). Questo perché ai traccheggiamenti dell’Europa e degli Usa si aggiungono quelli della politica italiana, come dimostra il fatto che non è stato ancora nominato il nuovo ministro della Giustizia (ma sta prendendo quota Francesco Nitto Palma).

 

Ci ha poi messo lo zampino il report di JP Morgan Cazenove sulle banche italiane, che segnala come, secondo le norme di Basilea 3, Unicredit abbia bisogno di un aumento di capitale di 5,5 miliardi. Il titolo di Piazza Cordusio, dopo essere stato sospeso per eccesso di ribasso, ha chiuso in calo del 7,1%, contagiando anche Intesa San Paolo, che ha perso l’8,3% nonostante JP Morgan abbia sottolineato che è già in linea con Basilea 3. Secondo la banca americana hanno bisogno di aumenti di capitale anche Banco Popolare e Ubi Banca, rispettivamente per 800 e 600 milioni di euro, mentre la Popolare di Milano, una volta ultimato l’aumento in corso, sarà in regola. JP Morgan ha tagliato il rating di queste tre banche a underweight (riducendo anche il target price di tutti i cinque istituti presi in esame), col risultato che Banco Popolare ha ceduto l’8,1%, Ubi Banca il 7,4% e laPopolare di Milano l’8,3%.

In realtà Piazza Affari ha sofferto molto più delle altre borse europee a causa dei dubbi sul piano di salvataggio della Grecia perché i mercati considerano l’Italia (insieme alla Spagna) ancora un Paese a rischio.

 

Non a caso lo spread, ovvero il differenziale di rendimento fra il Btp decennale (il cui rendimento è salito al 5,507%) e l’analogo Bund tedesco, ieri si è allargato a 293 punti base dai 243 di venerdì scorso. E c’è grande attesa per l’esito delle aste odierne dei Bot e dei Ctz e quelle dei Btp di domani e dopodomani. Mentre il Tesoro ha annunciato che, «considerata l’ampia disponibilità di cassa e le attuali ridotte esigenze di finanziamento», il Mef «non effettuerà le aste dei titoli a medio-lungo termine di metà agosto». Sui mercati ha pesato il nuovo taglio del rating sul debito sovrano greco da parte di Moody’s, che lo ha abbassato di tre gradini, da Caa1 a Ca, appena sopra il livello di default, in quanto il secondo programma di aiuti a favore di Atene implica la possibilità di un default sui bond ellenici «praticamente del 100%». Ma nella nota di Moody’s c’è una parte che appare riferita all’Italia, quando sottolinea che per i Paesi creditori privi della tripla A (come l’Italia) gli aspetti negativi del piano di salvataggio supereranno quelli positivi e «in futuro peseranno sui loro rating». Diversi analisti hanno infatti notato che l’Italia dovrebbe garantire il Fondo salva-Stati (Efsf) per poco meno di 150 miliardi (raccolti pagando il 5-6%), che verrebbero poi prestati a lunga scadenza al 3,5% alla Grecia. Un 3,5% che è inferiore addirittura al rendimento del 3,87% toccato ieri sul mercato dai biennali italiani. Di conseguenza si allarga lo spread sul Bund e chi paga sono le banche italiane, con immediate riflessioni sul loro andamento in borsa. Preoccupa poi il fatto che per ora non sia stato deciso un aumento del Fondo salva-Stati (Efsf) a fronte dei maggiori compiti assegnati. «Bello strumento, ma senza potenza di fuoco», ha osservato Jacques Cailloux, economista di Royal Bank of Scotland. Ieri, intanto, il ministro delle Finanze greco, Evangelos Venizelos, ha incontrato a Washington il segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, e la direttrice generale del Fmi, Christine Lagarde. Venizelos ha annunciato che i primi incontri con i creditori privati inizieranno ad Atene verso il fine settimana e conta di avere un’adesione almeno del 90%, obiettivo da lui stesso giudicato «molto ambizioso». Mentre gli investitori continuano a cercare un rifugio sicuro nell’oro, che ha toccato il nuovo record a 1.624,30 dollari l’oncia, e nel franco svizzero, al nuovo massimo storico sul dollaro (0,8017). (riproduzione riservata)