Bot e Btp più appetibili per lo spread con il Bund tedesco

 Pagina a cura di Duilio Lui  

La riscoperta di Bot e Btp. Nel pieno della nuova bufera che si è abbattuta sui debiti sovrani, i risparmiatori italiani stanno riscoprendo le virtù del debito pubblico italiano. Perché l’aumento dello spread rispetto ai titoli tedeschi, che ha caratterizzato le ultime emissioni, non ha prodotto un calo della domanda: segno evidente che la fiducia nei titoli di stato della penisola resta immutata, con l’aggiunta che l’extra-rendimento attuale le rende più appetibili che nel passato.

 

Cresce il differenziale sui titoli tedeschi.

 

Nel corso della settimana, il differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi decennali ha superato la soglia dei 200 punti base. Tradotto in soldoni, questo significa che il Tesoro ha dovuto alzare di oltre il 2% l’asticella dei rendimenti (facendosi così carico dei maggiori interessi da corrispondere) per fronteggiare i timori diffusi nei mercati internazionali dopo l’aggravarsi della situazione in Grecia, con il risultato che Bot e Ctz sono ai massimi dal novembre 2008. Basti pensare che, prima della crisi del 2007, il gap Btp/Bund viaggiava intorno ai 20-30 punti base (20-30 centesimi) e che fino all’anno scorso orbitava tra 120 e 150 centesimi.

Nella giornata di lunedì sono stati collocati 8 miliardi di Bot semestrali con un rendimento lordo all’1,998% (rispetto all’1,657 di fine maggio) e 2,5 miliardi di Ctz 30 aprile 2013 (con rendimento al 3,219% contro il 2,851% di maggio). Con l’inflazione che nei primi cinque mesi dell’anno ha registrato un rialzo medio del 2% (e a maggio si è attestata al +2,6%), non si tratta di rendimenti entusiasmanti, ma quanto meno più appetibili rispetto al passato, anche recente. Per spuntare condizioni migliori occorre affidarsi ai Btp, titoli del debito a lunga scadenza, che nella prospettiva decennale rendono oggi intorno al 4,8% annuo. Un rendimento che, anche al netto (detratte quindi le tasse), protegge ampiamente dal caro-vita.

 

Proteggersi dal caro-prezzi. Alla luce di un’inflazione che continua nel suo trend ascendente, con i tassi ufficiali che seguono lo stesso trend (per mercoledì 7 luglio è atteso un ritocco all’insù dello 0,25% da parte della Bce, che porterebbe il saggio d’interesse all’1,5%), può essere utile considerare anche i titoli di stato indicizzati al caro-vita. Come i Cct, che nel corso del mese di maggio hanno garantito mediamente il 2,7%: si tratta di titoli emessi dal Tesoro con scadenza a sette anni e tasso variabile (indicizzati al rendimento dei Bot), che nelle nuove emissioni a partire da quest’anno vengono sostituiti dai CcTEu. Il titolo è sempre a tasso variabile e con scadenza a sette anni, ma il rendimento è indicizzato al tasso di interesse interbancario Euribor 6 mesi. Da valutare con attenzione anche i BTpEi, simili ai Btp, ma indicizzati all’inflazione europea: nelle scorse settimane il Tesoro ha collocato questi prodotti per un ammontare di 3 miliardi di euro, offrendo una cedola del 3,1% per la scadenza settembre 2026, che prezza 27 punti base in più rispetto ai Btp con analoga scadenza.

L’Italia non è la Grecia_ e nemmeno il Portogallo. Tanto che, dopo la fuga in favore di azioni e corporate bond, non sono pochi coloro che stanno riconsiderando i titoli di stato italiano, confidando sul fatto che la situazione della Penisola è ben diversa rispetto a quella degli altri paesi periferici dell’area Ue. Il debito pubblico resta tra i più elevati a livello mondiale, ma durante la crisi è cresciuto meno che in molti altri paesi, anche perché il sistema finanziario ha richiesto sostegno in maniera limitata. Al contempo, le famiglie hanno confermato una forte propensione al risparmio e un limitato ricorso ai finanziamenti (se non per il mutuo riferito alla prima casa): sommando debito pubblico e privato, l’Italia risulta in linea con molti altri paesi europei. Così, la situazione italiana è ben diversa da quella dei paesi che, dovendo finanziare già ora un ampio disavanzo primario (Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna), hanno bisogno immediato di raccogliere fondi freschi. Nel caso italiano preoccupa la necessità di ricorrere spesso al mercato, anche solo per rinnovi di debito in scadenza.

Dunque, il recente ampliamento dello spread (e quindi l’aumento del rendimento) potrebbe essere un’occasione di ritorno su Bot e Btp perché appare frutto in primo luogo delle tensioni internazionali conseguenti al caso-Grecia. Se sul fronte ellenico la situazione si placherà, anche le minacce di declassamento del rating italiano da parte di Moody’s appariranno meno preoccupanti. Sempre a patto che il tanto atteso piano di rientro del debito, richiesto a gran voce dall’Europa, porti presto a un accordo all’interno del governo.

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