Il comitato di controllo interno adegua la quota nella cassaforte di Telecom Intanto i grandi soci approfittano dei prezzi bassi di borsa per arrotondare

Mentre il comitato di controllo interno di ieri ha preparato il terreno al cda del 5 agosto per la svalutazione della quota in Telco, i grandi soci industriali delle Generali approfittano dei prezzi di saldo di Borsa per mediare i propri valori di carico. L’ultimo della lista è stato Leonardo Del Vecchio. Il patron di Luxottica, come ufficializzato ieri dalla Consob nei quotidiani aggiornamenti sulle partecipazioni rilevanti nelle società quotate, tramite la cassaforte di famiglia Delfin e con una operazione datata 13 luglio 2011, ha raggiunto il 2,002% del capitale del gruppo del Leone. Una variazone minima se si considera che la situazione precedente vedeva la Delfin all’1,87%, ma comunque importante perché porta l’imprenditore dell’occhialeria al di sopra della soglia rilevante del 2 per cento. Secondo quanto ricostruito da F&M, il rafforzamento sarebbe riconducibile all’obiettivo di mediare un po’ il prezzo di carico delle azioni in portafoglio, alla luce delle attuali quotazioni di Borsa, fortemente compresse. Ieri a Piazza Affari i titoli della compagnia triestina, seppure con un rialzo giornaliero dell’1,75%, hanno terminato a 12,8 euro, ossia meno della metà dei 29-32 euro tra cui oscillavano nella primavera del 2007, quando Del Vecchio ha accumulato il grosso della propria partecipazione. Proprio in virtù di tale differenza non da poco, non si può escludere che Delfin, nel breve periodo, possa procedere a ulteriori acquisti, nell’ordine dello 0,1%. Sembra invece un po’ più difficile che il patron di Luxottica possa rilevare l’intero pacchetto dell’1,12% delle Generali che Fondiaria-Sai si appresta a cedere entro la fine del 2012. Sulla base dei valori di mercato di ieri, tale quota dovrebbe valere poco più di 220 milioni. Un impegno notevole per un socio che, a febbraio, è uscito dal consiglio di amministrazione delle Generali in dissidio con l’allora presidente, Cesare Greronzi, e che, nonostante il banchiere sia stato poi sostituito con Gabriele Galateri, non sembra ambire a un nuovo posto nel board. Il più attivo con il trading sui titoli del Leone resta, tuttavia, un altro socio industriale, Francesco Gaetano Caltagirone, che è anche vicepresidente del gruppo. L’imprenditore romano, soltanto l’11 luglio, ha acquistato 300 mila azioni, pari allo 0,02% del capitale, per un controvalore complessivo di 3,95 milioni e a prezzi compresi tra i 12,9895 euro e i 13,3241 euro, raggiungendo il 2,25% circa delle Generali. Anche in questo caso la mossa è stata interpretata come un modo per mediare il prezzo di carico. Tanto più che il protagonista è uno degli imprenditori più noti per sfruttare le oscillazioni di mercato anche in questo senso. Ieri, intanto, seppure senza procedere ad alcuna delibera in merito, si è riunito il comitato di controllo interno delle Generali per analizzare gli impairment test. Ciò anche in preparazione del cda che il 5 agosto che, oltre ai conti semestrali e alla questione della joint venture con la russa Vtb, dovrà affrontare il nodo della svalutazione della quota in Telco di propria competenza. Il gruppo triestino ha in mano il 30,6% della cassaforte che a sua volta controlla Telecom Italia con il 22,5 per cento. Tale quota corrisponderebbe a una svalutazione che nel complesso, stando ai calcoli di un analista che preferisce mantenere l’anonimato, avrebbe un impatto negativo pari a circa 270 milioni sul risultato pretasse del gruppo triestino. Di tale cifra, però, solo 110 milioni sarebbero effettivi, perché i restanti dovrebbero essere da imputare al portafoglio degli assicurati