«Riguardo alle politiche d’investimento si è ribadita l’importanza fondamentale dell’unico criterio guida delle decisioni: la creazione di valore per tutti gli azionisti». Nella seduta del 23 febbraio scorso, il Consiglio d’amministrazione di Generali adottò solennemente una determinazione molto chiara su come devono essere scelti gli investimenti del Leone di Trieste. Per gli addetti ai lavori, la novità era sembrata notevole perché fino a quel momento tutti pensavano che, almeno in pochi e selezionati casi, la logica degli amministratori di Generali fosse stata quella di acquisire partecipazioni “strategiche”, ossia in un’ottica più politicosistemica. Così era parso di poter interpretare l’acquisizione di pacchetti del 3,7% in Rcs, del 3,6% Gemina, del 4,41% in Pirelli, del 2% Mediobanca (la controllante dello stesso Leone), del 4,973% in Intesa Sanpaolo e addirittura del 30,5% in Telco, la società che di fatto controlla Telecom con il 22 per cento. Proprio la partecipazione in Telco sta dimostrando adesso che gli amministratori di Generali (ma è probabile che questa pratica riguardi anche le altre compagnie) non hanno in verità mai perso di vista i veri interessi degli azionisti. Ma vediamo perché. L’investimento in Telco si è dimostrato finora ben poco attraente e ora bisogna prendere atto delle perdite già accumulate. Alla luce della decisione presa il 6 luglio scorso dal consiglio d’amministrazione della stessa Telco di svalutare la partecipazione in Telecom Italia per 1,201 miliardi di euro (rettificando il prezzo di carico della controllata da 2,2 a 1,8 euro per azione), Generali si trova di fronte alla necessità di rettificare il valore di questa quota già con l’approvazione della semestrale del prossimo 5 agosto. Per Generali si tratta di un impatto di circa 269 milioni sul bilancio. Non fa piacere ma non è niente di catastrofico: il gruppo italiano ha in pancia investimenti complessivi per 470 miliardi (al 31/12/2010) e può benissimo sopportare una minusvalenza di questa portata. Ma ecco la sorpresa. L’amministratore delegato Giovanni Perissinotto è stato a suo tempo molto previdente aiutando i propri azionisti a non assumere troppi rischi. Perché questa partecipazione “strategica” è stata perlopiù accollata agli assicurati. A loro, infatti, compete direttamente circa il 60 per cento dell’investimento. E dunque, adesso, anche delle perdite. Esattamente 159 milioni su un totale di 269. Gli amministratori di Generali hanno quindi utilizzato in gran parte i denari dei loro assicurati. E dire che il Leone di Trieste ha un free cash flow che nel 2014 raggiungerà i 4 miliardi: avrebbe benissimo potuto utilizzare parte di questi denari per effettuare quegli investimenti “di sistema” che certamente hanno un grado di rischiosità o di incertezza maggiore di quelli effettuati con il solo scopo di raggiungere una plusvalenza. Se non altro per un fatto che gli investitori professionali conoscono molto bene: quando si fa un investimento con lo scopo di guadagnare, si compra e si vende quando è più opportuno e conveniente, non si tiene in pancia un titolo costi quel che costi. Ma certo, se si accolla la gran parte del rischio agli ignari clienti, si può fare questo ed altro. Ma com’è avvenuto lo spostamento del rischio su Telco sui clienti? È semplice: l’investimento nella società che controlla Telecom Italia è in parte un investimento di “classe C” (di pertinenza della compagnia assicurativa), e in parte un investimento di “classe D” (di pertinenza dei soli assicurati). Generali non ha mai in verità fornito il dettaglio della ripartizione dell’investimento in Telco tra “classe C” e “classe D”. Tuttavia, sulla base di indicazioni provenienti dalla società, l’entità della riduzione di valore di pertinenza di Generali (e dunque con un impatto diretto sul proprio bilancio) ammonta a 110 milioni (prima delle imposte), mentre come si è già detto la residua riduzione di valore di 159 milioni risulta a diretto carico degli assicurati. Questi ultimi sono quelli che hanno comprato contratti vita del tipo “unit”, che non hanno un rendimento garantito (sono di fatto dei fondi d’investimento “travestiti” da polizze: ma se i titoli vanno giù anche la quota scende). Come ciliegina finale, occorre considerare che anche parte della quota in Classe C di 110 milioni può avere un impatto indiretto sulle cosiddette “gestioni separate” (le polizze vita con un rendimento minimo assicurato). Al momento il valore delle azioni Telco resta congelato per gli assicurati al valore che avevano al momento dell’acquisto (mentre le minusvalenze hanno un impatto diretto sul bilancio di Generali). L’impatto per i clienti viene spostato al momento della vendita di questi titoli. Ma in quel caso, comunque, la compagnia può gestire con una certa discrezionalità minus e plusvalenze in modo da garantire sempre all’assicurato il rendimento che vuole riconoscergli. (a.bon.)