di Paola Valentini

Fondi di diritto italiano gestiti da Parigi e da Milano. Grazie alla direttiva Ucist IV che facilita la gestione di fondi in un paese diverso da quello di insediamento, la piattaforma europea di investimento Allianz global investors (g.i.) investments Europe ha lanciato i nuovi comparti di diritto italiano Allianz global strategy 15, 30 e 70 che nascono dalla trasformazione in prodotti più aggressivi di flessibili già esistenti. «I tre comparti rappresentano un’evoluzione dei tradizionali fondi bilanciati. In un momento in cui le obbligazioni sono considerate ad alto rischio e non è garantito che le azioni diano un premio a rischio così consistente, questi nuovi comparti, che utilizzano anche i derivati grazie alla Ucits III, sono identificati in base al livello di rischio indipendentemente dagli asset sottostanti», spiega dal quartier generale di Parigi Giovanni Bagiotti, a.d. della piattaforma europea di Allianz global investors che conta su una squadra di oltre 125 money manager e analisti dislocati anche a Milano, Zurigo, Monaco di Baviera e Rotterdam con un patrimonio pari a 128 miliardi di euro. «Abbiamo aggregato sotto il cappello di Allianz g.i. investments Europe le società di gestione del gruppo Allianz presenti in cinque paesi europei e ciò ci permette di avere accesso a capacità distintive», dice Bagiotti. Allianz g.i. investments Europe comprende infatti Aequitas (che si occupa di ricerca e di strategie di investimento), Allianz global investors France (società di gestione francese), Allianz global investors Italia sgr, Allianz global investors Europe (società di gestione tedesca), Allianz Netherlands am e Zurich branch. La piattaformasi affianca alle altre due società di gestione del gruppo Allianz: Pimco, specializzata in bond, e Rcm che si concentra sull’azionario internazionale. I portafogli di Allianz g.i. investments Europe hanno anche una connotazione sostenibile perché a Parigi e a Milano è operativo un team dedicato agli investimenti etici, composto da 14 tra gestori e analisti che al 31 marzo scorso aveva in gestione e consulenza circa 10 miliardi di euro in investimenti socialmente responsabili. «Grazie alla Ucits IV sarà anche possibile proporre un’unica offerta ottimizzata tramite le strutture master-feeder che con la riforma della tassazione dei fondi italiani sarà anche più semplice usare. Quello dei master-feeder è per noi oggi il tema più interessante perché queste nuove strutture permettono di non muovere asset da un paese ad altro. Su questo fronte stiamo pensando come muoverci, mentre riteniamo che le società più piccole partiranno per prime perché per loro i benefici sono più immediati, oltre ad avere una maggiore propensione al rischio». Ma se i big europei pensano su scala internazionale oggi l’industria italiana dell’asset management è ancora in mano alle banche che per ora hanno poco interesse a coltivare questo business perché hanno altre priorità prese come sono a ricapitalizzarsi. E così la raccolta fondi dei prodotti di diritto italiano continua a essere in rosso. Non solo. «Ai risparmiatori italiani piacciono gli stranieri al contrario di quanto accade all’estero», sottolinea Bagiotti. Che prosegue: «I player che in Italia hanno interesse oggettivo a occuparsi di asset management sono le boutique o le assicurazioni in quest’ultimo caso perché le compagnie fanno questo di mestiere e hanno una percezione del rischio di lungo termine molto più elevata delle banche». Il futuro delle sgr italiane? «Devono uscire dall’Italia ed entrare in un’area più complessa, come quella europea, in cui è però più difficile restare perché bisogna dare un valore assoluto», conclude Bagiotti. (riproduzione riservata)