Sempre più avvocati soffrono di disturbi da telefonino di Andrea Altavista Avvocati sempre più stressati per il lavoro, complici la crisi economica e una tecnologia che permette di lavorare giorno e notte, sia in ufficio sia in vacanza. I risultati di un sondaggio condotto recentemente in Inghilterra da un giornale specializzato, hanno evidenziato che il carico di stress sopportato da chi lavora in uno studio d’affari è aumentato sensibilmente nel corso degli ultimi dieci anni e il trend sembra destinato a continuare. Il 90% dei 138 partner di studi inglesi intervistati ai fini della ricerca dichiara di essere soggetto a un considerevole livello di stress sul posto di lavoro, con la maggioranza dei soci degli studi londinesi convinti che la tensione sia aumentata a causa dell’evoluzione tecnologica e di clienti sempre più esigenti sulle scadenze e sulle parcelle. Il 57% degli intervistati ha dichiarato che i livelli di stress nel mondo legale sono aumentati in modo «considerevole», e solo l’1% del campione considera che il fardello imposto dallo stress si sia invece alleggerito. Nonostante i numeri, oltre la metà degli intervistati crede che gli studi non siano in grado di gestire le pressioni a cui i soci e i collaboratori sono sottoposti, con solo il 10% del campione convinto che gli studi gestiscano questo fenomeno in modo adeguato. Per il 97% dei soci, le law firm dovrebbero aumentare le risorse investite per combattere i fattori dello stress. Nelle law firm lo stress colpisce soprattutto le donne. In seguito al suicidio dell’avvocato inglese Catherine Bailey, una professionista specializzata in diritto di famiglia ha denunciato recentemente come i livelli di alcolismo e dipendenza da sostanze stupefacenti, o semplicemente da lavoro, sia in aumento in Inghilterra tra le professioniste in gonnella. In un articolo scritto al quotidiano inglese The Times, Vanessa Lloyd Platt evidenzia anche che parte della colpa ricade sulla recessione economica e sul senior management degli studi, che non hanno limitato un clima di «paura» negli studi stessi. A cambiare è stato anche l’approccio dei clienti verso i loro advisor. I clienti si aspettano dai loro advisor una disponibilità che non prevede orari di ufficio e i computer negli studi d’affari sono accesi anche nei giorni di festa. La maggior parte dei soci coinvolti nell’inchiesta ha inoltre dichiarato una particolare difficoltà nel separare la vita professionale da quella privata, con un work-life balance sempre più difficile da raggiungere anche a causa di BlackBerry e cellulari che permettono di accedere alle email di lavoro anche da casa. Questo problema è percepito come «grave» dall’8% degli intervistati e «considerevole» dal 34%. Ancora, solo un quinto degli intervistati dal giornale ha dichiarato di non avere mai pensato a una carriera alternativa, da scegliere proprio a causa dello stress. Proprio per fare fronte a questo fenomeno, in Inghilterra e negli Stati Uniti stanno nascendo cliniche specializzate che offrono aiuto ai professionisti sotto pressione. Gli specialisti enfatizzano come parte di questo stress derivi dal numero di ore lavorate e dalla necessità di essere sempre aggiornati sull’evoluzione legislativa nella propria materia. Per gli avvocati dunque, lo stress è cronico a differenza di altre professioni in cui lo stress è collegato a un particolare evento. E per gestire questo stress, spiegano i professionisti, gli avvocati devono imparare a non selezionare obiettivi non realistici e a mettere un limite al numero di ore lavorate e alle pratiche seguite. In altre parole, a dire no. Una parola che non figura di frequente nel vocabolario degli avvocati. © Riproduzione riservata