La Banca d’Italia ha diffuso i dati relativi all’aumento delle retribuzioni contrattuali dei dipendenti pubblici, dichiarando che il potere di acquisto dei dipendenti del pubblico impiego negli ultimi otto anni sia cresciuto del 22,4%. «La verità», specifica Massimo Battaglia, segretario generale della Confsal-Unsa, «è che molte categorie del pubblico impiego hanno avuto in dieci anni aumenti retributivi intorno al 20%, totalmente erosi nello stesso periodo dalla crescita contemporanea dei prezzi al consumo pari al 20,9%».

In realtà dal rapporto semestrale sulle buste paga dei dipendenti pubblici, presentato dall’Aran, risulta che le retribuzioni contrattuali sono cresciute dell’1,3% sul 2009, mentre nel settore privato l’incremento è stato del 2,4%. L’aumento retributivo è quindi inferiore al tasso di inflazione medio che è stato pari all’1,5% (dati Istat). L’aumento comporta quindi una riduzione sul reale potere di acquisto delle retribuzioni, il che spiega anche i dati relativi ai consumi delle famiglie, che continuano ad essere fermi rispetto ai valori dello scorso anno, come emerge dall’indagine Istat dei giorni scorsi.

Infatti, la spesa media mensile per famiglia nel 2010 è stata pari a 2.453 euro, segnando un aumento sul 2009 (+0,5%) troppo lieve per fare fronte ad un’inflazione in crescita dell’1,5%.

Altro dato che conferma lo stallo rispetto all’anno precedente, è quello relativo al valore mediano della spesa mensile per famiglia, pari a 2.040 euro. La spesa per i generi alimentari, resta ferma ai valori del 2009 (467 euro mensili), anche se aumenta il consumo di carne e diminuisce quello di oli e grassi.

I valori nazionali nascondono ampi divari che passano tra le regioni del Nord e quelle del Sud, con un gap di 1,200 euro tra Lombardia (regione con la spesa media più alta) e Sicilia (regione con la spesa media più bassa).

Le famiglie italiane spendono sempre di più per le spese legate all’abitazione (condominio, acqua, ristrutturazioni immobili), mentre calano le spese per i viaggi e per la cura personale.

Dovendo far quadrare i conti, quindi, gli italiani hanno cercato di tagliare dove si poteva, sforbiciando il budget riservato a viaggi, centri estetici, assicurazioni. Ed è contemporaneamente cresciuta la parte di bilancio dedicata alla salute, all’istruzione e, soprattutto, all’abitazione (in media 370 euro al mese per l’affitto e 494 il mutuo).

Secondo gli ultimi report di Confcommercio, il clima economico resta piuttosto freddo anche per i primi mesi del 2011, poiché pur notandosi alcuni segnali di recupero, il quadro macroeconomico resta ancora incerto.

«Le famiglie italiane non si sentono ancora libere di spendere qualcosa in più e la spesa delle famiglie risulta essere ancora nettamente inferiore rispetto ai dati del 2007 e del 2008», dichiara Massimo Battaglia, «esistono precisi strumenti di intervento per sostenere le fasce deboli del paese e la Confsal-Unsa continuerà a battersi perché vengano applicati».