Il dg Mungo: «Puntiamo a crescere dando al gruppo una vocazione sempre più internazionale. Un modo per far lievitare le masse e attrarre talenti locali»

 di Carlotta Scozzari

La strategia internazionale di Azimut prosegue senza sosta. L’ultima tappa è stata il mercato svizzero, dove il gruppo ha siglato un accordo con Siqurgest, società di advisory locale, per la gestione e la distribuzione di fondi di investimento per la clientela istituzionale e la consulenza ai patrimoni di clienti privati. Il tutto a pochi giorni dal lancio del primo prodotto europeo Ucits III che investe sulla valuta cinese. Azimut ha, infatti, da poco introdotto il Renminbi Opportunities, un comparto della società lussemburghese AzFund che investe in depositi bancari in valuta cinese e in bond governativi e societari denominati in yuan con durata finanziaria breve. Borsa & Finanza ha fatto il punto sulla strategia internazionale con il direttore generale di Azimut Holding, Paola Mungo. Qual è la strategia che state adottando sullo scacchiere internazionale? Puntiamo a crescere dando al gruppo una vocazione sempre più internazionale, in modo da far lievitare le masse in gestione e attrarre talenti locali. Il fine è quello di sviluppare sinergie in termini sia di produzione sia di distribuzione, per offrire ai nostri clienti prodotti sempre nuovi. Per esempio, in Cina abbiamo un team di gestione che ci ha aiutato ad avviare l’iniziativa da poco annunciata. Inoltre, per la partenza del progetto, ha ricoperto un ruolo fondamentale la nostra sede a Hong Kong. Ci saranno altri accordi strategici da qui a fine anno? Dove vi state concentrando? Stiamo prendendo in considerazione con interesse nuove opportunità. In particolare, stiamo esplorando le aree dove riteniamo possano esserci delle possibilità per Azimut. E in questo momento il nostro focus è sui Paesi emergenti, dove stiamo valutando con particolare attenzione Brasile e India. I nostri interessi, comunque, vanno anche al di là delle aree in via di sviluppo, come del resto dimostrano alcune delle recenti iniziative che abbiamo annunciato, come quella con la svizzera Siqurgest. Che pensa dell’industria italiana dei fondi comuni? Basterà l’equiparazione fiscale a salvarla dall’attuale impasse? La riforma è appena entrata in vigore (il primo luglio, ndr), quindi è difficile, nonché prematuro, fare delle valutazioni in tal senso. Comunque, ritengo che le nuove norme possano sicuramente limitare gli arbitraggi regolamentari che ci sono stati fino a questo momento tra i Paesi europei. Insomma, la riforma fiscale potrebbe aiutare, ma i singoli operatori dovranno aggiungerci la volontà e la disponibilità a cogliere davvero le opportunità che offre la nuova regolamentazione Ucits IV.