La crisi è ormai alle spalle, ma la ripresa non è così chiara a livello internazionale. A fronte di una Gran Bretagna che ha svoltato e di un calo delle tensioni negli Stati Uniti, la situazione resta preoccupante nei mercati emergenti, alle prese con il nodo inflazione, e nell’Unione Europa, afflitta dal nodo dei debiti sovrani e dal limite della bassa crescita. Sono le conclusioni alle quali arriva uno studio realizzato da Aviva Investors, coordinato dal senior economist Stewart Robertson. Secondo il quale i dati più recenti mostrano che «l’economia britannica è abbastanza florida poiché il boom delle esportazioni ha compensato l’impatto dei pesanti tagli della spesa pubblica. Se da un lato è quasi scontato che i tagli rallenteranno il ritmo della ripresa, d’altro lato la forza dell’attività del settore privato dovrebbe essere più che sufficiente per evitare che l’economia ricaschi nella recessione». Lo studio sottolinea anche il fatto che il mercato ha dato grande enfasi ai 100 mila posti di lavoro tagliati nel settore pubblico dal governo (con l’obiettivo di ridurre il deficit), ma poco ai 400 mila posti creati dal settore privato. Un giudizio positivo viene espresso anche sugli Usa: «Molti indicatori mostrano che l’economia statunitense continua la ripresa, migliorando le previsioni per il 2011», spiega il report. I 480 mila posti di lavoro creati nel primo trimestre sono il segnale di un rallentamento delle tensioni sul fronte occupazionale. «Riteniamo che la crescita dell’economia statunitense stia rapidamente tornando al tasso di crescita del 2,75% e rimarrà su questi livelli per i prossimi due anni, sostenuta da redditi in aumento e dalla fiducia dei consumatori», è il messaggio di ottimismo espresso. Accompagnato dalla previsione che «la politica fiscale dovrà presto essere inasprita ma mosse decisive sono poco probabili nei prossimi due anni. Alla luce di questo, non è da escludere del tutto l’eventualità di una ricaduta degli Stati Uniti nella recessione». L’entusiasmo si raffredda quando si passa a esaminare la situazione dell’Unione Europea: «La Germania sembra essere in buona salute e potrebbe facilmente crescere del 3% nel 2011, favorita da una forte domanda dei beni capitali del paese, insieme all’aumento dei consumi domestici. Tuttavia, anche se le economie degli altri paesi del Nord Europa sembrano essere in buona salute, la gran parte del resto del continente rimane in difficoltà». Quanto al rischio default per le economie periferiche, questa eventualità non viene esclusa: «Questo potrebbe causare una seconda ondata della crisi finanziaria perché le banche sarebbero costrette a una nuova ondata di svalutazioni sulle loro quote nel debito di questi Paesi. Ma al momento questo non sembra essere lo scenario più probabile». Infine, riserve vengono espresse sull’Asia, nella considerazione che non è ancora possibile stimare l’impatto economico dello Tsunami che si è abbattuto sul Giappone: «L’impatto sulla produzione e sulla domanda si farà sentire nel breve termine. Dato il susseguirsi di situazioni difficili, c’è ancora molta incertezza sull’esito finale». Senza dimenticare il caro-prezzi, che dalle materie prime sta contagiando il resto dell’economia, con il rischio di costringere le banche centrali ad alzare i tassi di interesse, con la conseguenza di rallentare la ripresa economica. © Riproduzione riservata