Pagina a cura di Duilio Lui  

 

Maggiori incombenze per le aziende, con tutto ciò che ne consegue in termini di maggiori costi, di tempo e burocrazia, ma anche una crescente sicurezza in caso di contestazione. È un bilancio composito quello che emerge dall’analisi degli esperti sulle innovazioni apportate nelle ultime settimane al dlgs n. 231/2001 sulla responsabilità delle persone giuridiche, che estende a società ed enti la responsabilità per una serie di reati contro l’ambiente (ex dlgs 152/06, legge 150/92, legge 549/93 e dlgs 202/07).

Il decreto prevede l’incriminazione di comportamenti fortemente pericolosi per l’ambiente, sanzionando penalmente condotte illecite individuate dalla direttiva e finora non sancite come reati e introducendo la responsabilità delle persone giuridiche, attualmente non prevista per i reati ambientali. «Le innovazioni legislative cambiano sensibilmente lo scenario con cui si troveranno a fare i conti le aziende», commenta Marco Dell’Antonia, of counsel dello studio Orrick. «Rispetto ai reati fin qui compresi nella 231, quelli di natura ambientale costituiscono una categoria molto più ampia e diversificata. Il che richiederà un adeguamento non uniforme, ma da definire caso per caso in base all’ambito di attività e alle peculiarità delle varie aziende, che verosimilmente comporterà incombenze importanti soprattutto per le realtà attive nel settore industriale».

Un ragionamento che porta il discorso sul tema delle competenze: «La maggior parte delle imprese interessate dal provvedimento attualmente non può contare su risorse in grado di adempiere alle funzioni richieste dalla normativa (definizione di un modello organizzativo e creazione di un organo di vigilanza, ndr), per cui dovrà ricorrere a consulenti esterni, con il relativo aggravio in termini di costi. Senza dimenticare che occorre adeguarsi in fretta per non incorrere nelle sanzioni, che in alcuni casi possono essere davvero gravose per l’impresa e i suoi responsabili».

Si accelera sulla difesa dell’ambiente. La vede diversamente Danilo Bonato, direttore generale di ReMedia (consorzio che si occupa di raccolta e smaltimento dei Raee, vale a dire i rifiuti tecnologici) e presidente del Centro di coordinamento Raee. «I reati ambientali ci sono sempre stati nel quadro legislativo italiano: la grande novità consiste nel riconoscimento della loro rilevanza in merito agli atti compiuti dalle persone giuridiche. È giusto che anche questa categoria di illeciti trovi una collocazione primaria, in linea con la crescente attenzione di consumatori e istituzioni alle questioni che riguardano l’ambiente».

Bonato non nega la possibilità di problemi in fase di applicazione delle normative nelle prime battute, ma ci tiene a sottolineare la validità dell’impostazione di fondo: «Le ultime novità normative impongono alle aziende di interrogarsi in maniera più approfondita su quali possono essere le condotte illecite dei propri dirigenti e dipendenti nei confronti dell’ambiente. In fin dei conti, è un fatto positivo perché consente di definire meccanismi fondamentali per ridurre al minimo i rischi sanzionatori». Il ragionamento, in sostanza, è che se l’azienda può dimostrare di essersi dotata di un modello organizzativo e di un organo di vigilanza in linea con il dettato normativo sarà più tutelata davanti al giudice in caso fosse chiamata direttamente in causa.

Cambiamenti nella nuova bozza. «Vanno anche apprezzati i cambiamenti apportati nel testo finale rispetto alla bozza originaria, che prevede sanzioni molto rigide, senza seguire il principio di progressività relativo alla portata del reato», aggiunge Bonato.

Il riferimento è alle contestazioni arrivate da più parti al governo per la mancanza di un differenziale chiaro sul fronte delle sanzioni tra chi ad esempio dimentica di registrare una movimentazione dei rifiuti e chi immette sostanze tossiche nelle acque. Una graduazione poi inserita nella seconda edizione del testo, insieme con una serie di novità relative al Sistri, il sistema di tracciabilità dei rifiuti. Il regime attuale prevede, per un periodo di tempo limitato e corrispondente a una fase di prima applicazione, misure attenuate per chi non si iscrive al Sistri o non paga il relativo contributo.Su questo fronte sono stati aggiunti chiarimenti in merito al giorno da cui iniziare il calcolo e si è stabilito che, fino al momento della piena operatività del sistema le imprese restano obbligate agli adempimenti di tipo cartaceo e alle relative sanzioni.

Inoltre, il decreto introduce due nuove fattispecie incriminatrici per sanzionare la condotta di chi uccide, distrugge, preleva o possiede fuori dai casi consentiti esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette e di chi distrugge o comunque deteriora in modo significativo un habitat all’interno di un sito protetto. «È la prima volta che in Italia vengono introdotte normative ad hoc per la biodiversità e la tutela dell’habitat naturale», aggiunge il direttore generale del Cdc Raee.

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