di Anna Messia
 
In questi tempi di crisi, con l’esecutivo costretto a una manovra finanziaria da lacrime e sangue per dare un segnale di stabilità del Paese, non sembrerebbe proprio aria. E invece, a sorpresa, è rispuntata in commissione Attività Produttive alla Camera l’ipotesi di lasciare in azienda il Trattamento di fine rapporto inoptato. Si tratta del Tfr che il lavoratore non ha esplicitamente indirizzato alle forme di previdenza integrativa e che, per la regola del silenzio assenso, dalle imprese con oltre 50 dipendenti confluisce automaticamente nel fondo Inps. Un fondo che inizialmente doveva servire per finanziare le infrastrutture ma che poi nei fatti è stato utilizzato, molto più prosaicamente, per le spese correnti del bilancio statale. La commissione, che ha fornito il proprio parere sullo small business act (il documento che definisce le linee dell’azione che l’Ue intende condurre a favore delle piccole e medie imprese), tra gli impegni chiesti al governo per aiutare le pmi, oltre alla risoluzione del problema dei mancati pagamenti della pubblica amministrazione e alla riduzione a tre anni dei termini per la riabilitazione degli imprenditori onesti, ha inserito proprio la richiesta di riaprire il capitolo Tfr inoptato. Oggi per le imprese la disponibilità di quelle risorse venute a mancare con la riforma della previdenza integrativa sarebbe di sicuro benvenuta. Non a caso Confindustria in più occasioni si è fatta portavoce di questa richiesta e tra gli esponenti della maggioranza non mancano sostenitori. Già nel 2009 l’allora presidente della commissione Lavoro Stefano Saglia e Giuliano Cazzola (Pdl) avevano presentato un ordine del giorno al decreto Milleproroghe per mantenere nelle casse aziendali il Tfr inoptato per tutto il 2009. La proposta aveva ricevuto anche il consenso dei sindacati ma si era infranta contro il muro alzato dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che aveva bocciato senza mezzi termini l’iniziativa che avrebbe avuto un costo di circa 4,5 miliardi. Ieri sempre Saglia, nel frattempo diventato sottosegretario allo Sviluppo Economico, è tornato sul tema assicurando che il documento approvato dalla commissione sarà la base per l’elaborazione della legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro e piccole imprese che il ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani intende presentare già in autunno. Ma l’impatto sulle finanze statali anche oggi sarebbe di oltre 4,5 miliardi e in via XX Settembre c’è sempre Tremonti, il ministro che già una volta ha respinto al mittente l’iniziativa. (riproduzione riservata)