Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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Assicurare il credito è una strada che le banche europee battono con sempre maggiore convinzione in un contesto di tassi bassi, incertezza geopolitica e attenzione ai requisiti patrimoniali. Lo strumento più utilizzato sono le cessioni sintetiche di rischio (srt), che permettono di trasferire parte delle perdite potenziali a investitori terzi liberando capitale e migliorando il ritorno sull’equity. Nel 2024 il mercato è cresciuto del 15%, secondo i filing regolamentari di 40 grandi gruppi bancari. E il trend sembra destinato a proseguire nel 2025: «Nonostante le incertezze la domanda degli investitori resta forte e offre alle banche l’opportunità di rafforzare la gestione del rischio e della redditività», spiega un report che S&P dedica al fenomeno.
Dopo l’ops su Banca Generali Mediobanca – qualunque sia il risultato dell’offerta – uscirà completamente dall’azionariato della compagnia assicurativa di cui possiede il 13,1%. È la rivelazione finora mai esplicitata in questi termini contenuta nella relazione illustrativa sull’offerta pubblicata dal cda in vista dell’assemblea del 16 giugno. Sicuramente sarà uno dei temi di discussione anche alla riunione dei soci pattisti di Piazzetta Cuccia che si tiene domani. L’accordo di consultazione raccoglie l’11,8% del capitale. Nel documento Mediobanca annuncia l’intenzione di dismettere integralmente la propria partecipazione nel Leone: «Anche nel caso in cui non dovesse acquisire il 100% del capitale di Banca Generali, la banca valuterà modalità alternative per completare la dismissione: tra queste, la cessione sul mercato o l’assegnazione diretta agli azionisti di azioni Generali, in alternativa al dividendo in contanti».
Acquisizione dopo acquisizione Poste Italiane è arrivata a muovere da sola più di mezzo punto percentuale del prodotto interno lordo italiano, ovvero oltre 14 miliardi in un anno. Pari allo 0,6% del pil. Un numero che emerge dal bilancio 2024 e calcola sia gli impatti diretti, generati dall’attività operativa (quasi 9,2 miliardi) sia quelli indiretti, creati lungo la catena di fornitura per la spesa per beni e servizi (3,82 miliardi di euro nel 2024) che Poste Italiane effettua nei confronti di fornitori italiani. A questi si aggiungono gli impatti generati dalla spesa per consumi che si realizza grazie al reddito guadagnato dai lavoratori occupati direttamente e indirettamente dal gruppo, che è il principale datore del Paese circa 199 mila posti di lavoro, arrivando così a 14 miliardi cui si aggiunge tra l’altro il contributo alle entrate della Pubblica Amministrazione con circa 2,6 miliardi in termini di gettito fiscale. Senza considerare invece la capitalizzazione che il gruppo guidato dal ceo Matteo Del Fante ha raggiunto in borsa, pari quasi a 25 miliardi.

L’obbligo di sottoscrizione delle polizze catastrofali (polizza CAT NAT) innesca una serie di criticità anche dopo le recenti modifiche. L’eventuale supplenza del conduttore genera, infatti, una serie di criticità, anche di natura tributaria, a partire dal rischio di permuta occulta. Queste criticità emergono da un recente documento congiunto di ANC (Associazione Nazionale Commercialisti) e di Confimi Industria che suggeriscono importanti riflessioni e necessari interventi, a partire dall’esigenza di chiarire su chi, fra conduttore e proprietario, grava la sanzione dell’inadempienza
Con la circolare n. 4/E del 16 maggio 2025, l’Agenzia delle entrate ha illustrato le novità fiscali introdotte dalla legge di bilancio 2025 (legge 30 dicembre 2024, n. 207) e dal decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192, soffermandosi in particolare su due strumenti molto utilizzati nella gestione dei rapporti di lavoro: i premi di produttività e il welfare aziendale. L’intervento dell’Agenzia ha lo scopo di garantire l’uniformità operativa, ma rappresenta anche un’importante bussola per datori di lavoro e lavoratori e consulenti che intendono muoversi correttamente nel nuovo contesto normativo.

«Non c’è più tempo. La scarsa competitività dell’Unione europea non può andare oltre. Non basta la presa di coscienza. Serve un’azione rapida da parte delle istituzioni europee e dei singoli Paesi membri. E bisogna partire dalla creazione di un mercato unico del risparmio. La Savings investments union (Siu) va in questa direzione e deve essere portata avanti insieme al mercato unico dei capitali. Non c’è rilancio industriale senza un motore finanziario forte». Esordisce così Enrico Letta, dal 2016 presidente dell’Istituto di ricerca europea Jacques Delors. L’ex premier prosegue con l’assunto che «tra finanza e industria non ci deve essere distinzione, come invece è stato per decenni. La vera chiave di tutto è una finanza in grado di alimentare l’industria. Servono motori finanziari innovativi, le imprese non possono lavorare solamente con i prestiti bancari. Questo è uno dei motivi della mancanza di competitività dell’Europa. Sono necessari prodotti finanziari mirati per uno sviluppo che punti sull’innovazione, che per definizione ha bisogno di altri strumenti di finanziamento come il venture capital».
Una nuova spia rossa si accende alla voce della spesa sanitaria dello Stato. Grazie soprattutto a un balzo di oltre il 37% in un anno solo per la voce «prodotti farmaceutici» – in una definizione ampia che va dai medicinali in senso stretto ai reagenti fino ai vaccini a ad alcuni dispositivi – tutte le pubbliche amministrazioni, non solo quelle legate strettamente al Servizio sanitario nazionale, hanno speso per le forniture sanitarie cifre che non si vedevano dagli anni più bui del Covid quando sulla spinta dell’emergenza la spesa era esplosa raggiungendo livelli mai visti.
Le lunghe liste d’attesa per accedere alle cure sanitarie non sono un’esclusiva italiana (secondo l’Istat un italiano su 10 ha rinunciato a visite o esami). A confermarlo è il Future Health Index 2025 di Philips, il più ampio studio globale del settore, che ha coinvolto circa 2000 professionisti sanitari e 16mila pazienti in 16 Paesi. Il quadro che emerge è chiaro: in tutto il mondo, i sistemi sanitari sono sotto pressione, e i pazienti pagano il prezzo più alto. Secondo il rapporto, in più della metà dei Paesi analizzati, i pazienti attendono in media quasi due mesi per una visita specialistica. In Canada e Spagna, i tempi possono superare i quattro mesi. L’attesa media globale è di 70 giorni, con picchi di 131 giorni in Brasile, 128 in Spagna e 109 in Germania. Anche in Paesi con sistemi sanitari avanzati come il Regno Unito e gli Stati Uniti, i tempi di attesa sono rispettivamente di 59 e 51 giorni. Queste attese non sono solo fastidiose: sono pericolose. Il 33% dei pazienti ha dichiarato di aver visto peggiorare la propria condizione a causa dei ritardi, e oltre 1 su 4 è finito in ospedale per non aver ricevuto cure in tempo. I pazienti cardiologici, in particolare, sono tra i più colpiti: attendono in media il 20% in più rispetto agli altri e riportano tassi più alti di peggioramento clinico
Alla fine dello scorso anno, il sistema del noleggio a lungo termine (Nlt) ha superato il milione e duecentomila veicoli in flotta, grazie a una crescita netta di 76mila unità. Possiamo affermare dunque che nel terzo anno post-pandemia l’Nlt abbia ormai stabilizzato un ritmo di crescita media sugli 86mila nuovi contratti all’anno, in linea se non leggermente superiore a quelli medi del periodo pre-Covid a partire dal 2016, anno in cui iniziò una vera ripresa dopo un lungo periodo di stasi iniziato con la crisi Lehman e proseguito con quella legata al debito sovrano italiano.