Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Tutti i beni mobili e immobili delle imprese iscritti in bilancio (merci escluse) dovranno essere assicurati contro gli eventi catastrofali. L’onere è a carico anche degli imprenditori che utilizzano i beni di proprietà di terzi (es. fabbricato industriale in locazione) se non vi provvede il legittimo proprietario. Oltre ad individuare gli eventi calamitosi rilevanti ai fini del riconoscimento risarcitorio, la legge n. 78/2025 di conversione del dl n. 39/2025 (in Gazzetta ufficiale n. 124 del 30 maggio 2025), nel regolamentare l’obbligo di copertura contro i danni catastrofali a carico delle imprese, ha altresì stabilito che gli edifici privi di conformità edilizia non possono essere assicurabili e che gli edifici non assicurati volontariamente non avranno diritto a indennizzi e agevolazioni, né a contributi pubblici in caso di calamità.
Il 2023 si è chiuso con un bilancio negativo per le compagnie assicurative italiane impegnate nella copertura dei rischi da catastrofi naturali. A fronte di premi per circa 2,4 miliardi di euro relativi alle sole coperture climatiche (cioè grandine, tempeste e inondazioni), le compagnie hanno registrato sinistri e spese per oltre 7 miliardi di euro, con un combined ratio lordo pari al 351,7%. Questo indicatore, che rappresenta il rapporto tra costi (risarcimenti e spese operative) e premi incassati, evidenzia una situazione di forte squilibrio. È quanto emerge dal terzo monitoraggio annuale condotto dall’Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) sui rischi da catastrofi naturali e sulla sostenibilità, che fotografa un settore sotto pressione a causa della crescente frequenza e intensità degli eventi estremi.
Cresce l’indice di rischiosità creditizia per le imprese italiane, attestatosi, mediamente, al 2,53% nel mese di dicembre dello scorso anno (+0,22 punti percentuali rispetto a giugno 2024). In particolare, il rischio di default è significativo per le società di capitali per le quali, in prospettiva, aumenterà dal 2,74% del 2024 al 3,4% nel 2025 e al 3,9% nel 2026. Tra i settori più colpiti ci sono quelli maggiormente esposti alle dinamiche internazionali, ossia automotive, commercio, tessile e alimentare. È lo scenario delineato dall’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio sulle imprese realizzato da Crif, azienda specializzata in sistemi di informazioni creditizie e di business information, che analizza periodicamente l’andamento del credito sulla base di un campione di oltre 2,5 milioni di imprese proveniente dal sistema di informazioni creditizie Eurisc
Cresce il numero di azioni promosse da consumatori e loro associazioni per tutelare e risarcire diritti diffusi o collettivi che si ritiene siano stati lesi dal medesimo comportamento. Molte di queste, si arrestano al vaglio di ammissibilità o scivolano verso più sicuri accordi transattivi. Con un inevitabile incremento di lavoro per gli studi legali specializzati in contenzioso. «Si registra un numero crescente di procedimenti, sia inibitori sia compensativi, promossi dagli enti legittimati nei confronti, tra gli altri, di banche e società appartenenti a diversi settori (autonoleggio, automotive e in ambito medicale)», dice Sara Biglieri, partner di Chiomenti. «Le azioni rappresentative si pongono su un binario parallelo alla disciplina delle azioni di classe entrata in vigore il 19 maggio 2021 e inserita nel codice di procedura civile. In questo senso, è interessante segnalare la recente ordinanza del Tribunale di Torino del 14 aprile 2025, che ha riunito sei azioni collettive– promosse sia da singoli consumatori che da associazioni – riconoscendo la possibilità di trattare congiuntamente azioni rappresentative ai sensi del codice del consumo e azioni di classe ai sensi del codice di procedura civile, pur nel rispetto delle rispettive specificità.

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Con una mossa a sorpresa il consiglio di amministrazione di Mediobanca ha rinviato al 25 settembre l’assemblea sull’operazione Banca Generali. Confermando le indiscrezioni di Repubblica ieri alle 11 si è riunito in forma straordinaria il cda che ha votato a favore del rinvio con l’astensione di Sabrina Pucci e il voto contrario di Sandro Panizza, i due consiglieri che erano stati indicati nel 2023 nella lista Delfin. La motivazione del rinvio è stata la seguente: «Alcuni soci, titolari di un investimento sia in Mediobanca siain Generali, hanno sottolineato l’esigenza di conoscere le valutazioni e l’orientamento di Generali rispetto alla proposta di Mediobanca al fine di potersi esprimere nell’assemblea della stessa Mediobanca».
Masticano amaro, non parlano e valutano se ci sia spazio per iniziative legali, per ora non esperite. Ma suggeriscono di guardare alla prossima partita “dentro o fuori”, che si giocherà già da inizio luglio e, perparadosso, è resa più agevole e lineare dal rinvio della conta di azionisti pro o contro Nagel di ieri. Si tratta dell’offerta di scambio di Mps su Mediobanca. In partenza un progetto già ambizioso data la diversa natura dei due istituti (uno commerciale, l’altro “d’affari”) e dal fatto che la preda valesse in Borsa più dell’acquirente. Operazione che si era complicata di più dal 28 aprile, quando Nagel ha sferrato il suo attacco a Banca Generali con un’offerta da 6,3 miliardi che promette di focalizzare l’istituto nelle gestioni patrimoniali e di cancellare l’anomalia della “rendita Generali”, dato che Mediobanca intende pagare la pedina con il suo 13% nell’assicuratore. L’operazione è piaciuta agli investitori, tanto che da quel mese e mezzo in Borsa la forbice valutativa tra Mediobanca e Mps si è aperta di un 13%, e venerdì la prima quotava 16 miliardi, quasi il doppio degli 8,8 dei senesi.

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Negli ultimi vent’anni – dal 2005 al 2024 – i fondi pensione negoziali, quelli appunto che nascono dalle varie categorie di lavoratori subordinati, hanno fatto meglio – in media – degli analoghi sofisticati prodotti della finanza italiana, i fondi pensione aperti. I dati della Commissione di vigilanza sul settore anticipano quelli, più ampi, che saranno resi noti il 23 giugno nella Relazione annuale del nuovo presidente, Mario Pepe. Inutile sottolineare che gli ultimi vent’anni sono stati tra i più contrastati della storia mondiale del dopoguerra: dal boom economico e azionario durato fino al 2007 alla tempesta finanziaria del 2008, dalla crisi dei debiti sovrani nel 2010-11 alla catastrofe del Covip, passando per molti altri anni di turbolenza minori. Dunque i risultati sono ancorapiù interessanti perché i vari prodotti della previdenza integrativa hanno comunque mostrato resilienza in ogni frangente. Anche se i fondi pensione devono durare dai 30 ai 40 anni, già dopo 20 anni si vede di che pasta sono fatti.
Con 13 milioni di famiglie clienti e otto milioni di carte fedeltà, investe su marketing personalizzato, retail media e IA. Il direttore generale Francesco Avanzini: “Non vendiamo solo prodotti, costruiamo relazioni”.  Un primo esempio concreto è la collaborazione avviata con una primaria compagnia americana, leader nel settore assicurativo. «In parallelo — aggiunge Avanzini — abbiamo costruito una piattaforma viaggi con pacchetti tailor made, pensati sulle preferenze dei nostri clienti. Non si tratta solo di vendere un prodotto, ma di anticipare i bisogni e offrire soluzioni rilevanti per chi ci sceglie». Tra le aree di espansione prioritarie ci sono salute e benessere e il mondo pet, due ambiti che — secondo Conad — intercettano in modo naturale i valori e le esigenze dei propri clienti. «Sono settori coerenti con il nostro profilo di clientela e ci permettono di rafforzare il legame fiduciario. Anche nel mondo salute vogliamo espanderci, offrendo soluzioni ambulatoriali, servizi di prevenzione o programmi di wellness», spiega Avanzini.

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I risultati mostrano che oggi i veicoli migliori per ridurre la CO2 sono quelli elettrici: 100 grammi a km, contro 267 dell’auto a benzina, 232 il diesel, 197 ibrida senza ricarica, 166 con ricarica, 136 a idrogeno. È vero che nei prossimi anni le emissioni delle auto con motore a scoppio si ridurranno grazie a carburanti bio e sintetici. Ma nello stesso tempo, con l’energia sempre più prodotta da fonti rinnovabili, e l’evoluzione tecnologica nella produzione e smaltimento di batterie, le emissioni delle auto elettriche si ridurranno in modo ancora più rilevante. Nel 2050 le auto elettriche emetteranno un terzo di CO2 in meno a chilometro rispetto alle auto a idrogeno, l’86% in meno di quelle a benzina, l’82% in meno di un’auto diesel e il 73% in meno di una ibrida ricaricabile.

Mediobanca, arriva il grande giorno. Dopo sei mesi di scintille sui mercati, alle 10 di oggi si aprirà l’assemblea di Piazzetta Cuccia. Si profila un’affluenza record, nell’intorno dell’80%, forse la più alta della storia di Mediobanca che nel 2023, in vista del rinnovo del board, aveva già registrato il 76,7%. Gli azionisti si esprimeranno sull’offerta pubblica di scambio da 6,2 miliardi proposta dal ceo Alberto Nagel su Banca Generali. Un’operazione allestita dall’istituto per difendersi dall’Ops lanciata a gennaio dal Monte dei Paschi sulla stessa Piazzetta Cuccia. Un progetto che Nagel ha preferito classificare come «offensivo», cioè di crescita, perché getta le basi per la creazione di un polo italiano del risparmio con 210 miliardi di masse, secondo in Italia solo a quello di Intesa Sanpaolo, e un ritorno del 20% per gli azionisti della banca. Che oggi daranno il loro giudizio.
Alle 9 di questa mattina partirà la seconda ops del risiko bancario italiano, dopo quella di Banca Ifis su Illlimity: Bper su Pop Sondrio. L’istituto con sede a Modena ha lanciato il 6 febbraio la sua offerta sulla popolare valtellinese — del valore di 4,3 miliardi — e da quando aprirà la Borsa scambierà 1,45 azioni ordinarie di nuova emissione per ciascun titolo dell’istituto valtellinese consegnato. C’è tempo fino all’11 luglio per scegliere di aderire. L’offerente arriva all’appuntamento con una capitalizzazione intorno ai dieci miliardi di euro e un +35% registrato da inizio anno, mentre la «target» ha mostrato un guadagno del 54% e una capitalizzazione oggi intorno ai 5,2 miliardi.
Alberto Dalmasso lo ribadisce chiaramente: «Non c’è settore che si salverà dall’innovazione». Il ceo e co-founder di Satispay spiega anche così la scelta della società di puntare sul welfare, «un settore che si era un po’ assopito e non ancora “attaccato” dagli innovatori». Solo che anche gli innovatori devono assumere e, man mano che crescono, adottare iniziative per rendere più forte il legame con i propri dipendenti. A partire, per esempio, dai buoni pasto. Eppure, qualcosa non convinceva la tech company dei pagamenti digitali, unicorno italiano dal 2022 (valutazione oltre 1 miliardo di dollari), con 5,5 milioni di utenti e oltre 400 mila esercenti. E se in un anno e mezzo che è entrata nel mondo del welfare, Satispay è passata da zero a 100 milioni di volumi tra buoni pasto e buoni acquisto, utilizzati da più di 100mila lavoratori di oltre 25mila società clienti, vuol dire che qualcosa di innovativo ha introdotto davvero. Non a caso la crescita è stata talmente rapida da richiedere l’apertura di un nuovo hub a Napoli e l’assunzione di 400 dipendenti nel corso del 2025. Ma l’intenzione non è quella di fermarsi ai buoni pasto (spendibili in oltre 70 mila esercenti) e ai buoni acquisto (oltre 170 mila nel fringe benefit). In Satispay saranno contenti solo quando la propria piattaforma di welfare avrà portato semplificazione anche nell’offerta di fondi pensione
Con un pensiero al risiko bancario-assicurativo e un altro alle nomine della commissione che il governo dovrebbe fare per fine mese, è in agenda questa settimana anche la Relazione annuale dell’Ivass, l’Authority di vigilanza sulle assicurazioni che nei giorni scorsi ha visto l’arrivo da Bankitalia del nuovo segretario generale, Ida Mercanti, già vice capo del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria di via Nazionale. Le Considerazioni del presidente, Luigi Federico Signorini, sono attese per giovedì nel Centro Carlo Azeglio Ciampi. Il presidente dell’Ania, Giovanni Liverani, “risponderà” il 2 luglio.
L’attacco di Israele all’Iran apre un nuovo drammatico fronte su uno scacchiere geopolitico già instabile e aggrovigliato. È presto per capire quali saranno le implicazioni di medio termine, al netto della immediata reazione dei mercati. E a chi cerca di mettere a fuoco lo choc improvviso con la lente dell’investitore, lo sforzo richiesto è mantenere la calma: concentrarsi sulle tendenze di più ampio respiro. La costruzione del nuovo assetto — di cui l’ennesimo conflitto mediorientale rappresenta solo un tassello — avrà effetti rilevanti sull’andamento di alcune attività finanziarie. Quindi impone decisioni d’investimento diverse dal passato, almeno per coloro che hanno davanti a sé un orizzonte di lungo termine.

Rame, materiali da costruzione, utensili, cavi. Il 56% delle imprese italiane ha subito furti nei cantieri edili delle nuove costruzioni o delle riconversioni di asset già esistenti, il 45% lamenta atti vandalici. Un fenomeno percepito come sempre più sofisticato, fatto di reti criminali specializzate e in crescita in tutta l’Europa, tanto che, solo nell’ultimo anno, si stimano danni per un miliardo e mezzo di euro. È quanto emerge dal “Crime Report 2025” di BauWatch, indagine realizzata su un panel di 3.900 aziende europee tra Spagna, UK, Paesi Bassi, Polonia, Francia, Germania, Irlanda, Belgio, Austria e Italia (500 quelle nazionali).