Pirati informatici organizzati in franchising. Kit fai-da-te per sottrarre i dati alle imprese. E, dietro i ricatti, c’è l’ombra della guerra tecnologica. Ecco come aziende e Stati possono difendersi. Il parere di Pierguido Iezzi (Swascan): dietro l’attacco a una pmi ci può essere la minaccia a una infrastruttura strategica del Paese
Dopo tabacco, amianto, oppioidi, diserbanti, nella bufera adesso sono i “forever chemicals”. Una famiglia di sostanze chimiche sintetiche considerate indistruttibili, impervie alla decomposizione e note come Pfas (perfluoroalchiliche). Onnipresenti dagli anni Quaranta del secolo scorso per un ventaglio di usi grazie alle loro proprietà di resistenza al calore, dal manifatturiero (chip) al retail (scatole per la pizza, cosmetici) fino a servizi essenziali quali la lotta agli incendi. Oggi sono protagoniste dell’ultimo caso multimiliardario per gravi danni ambientali e alla salute negli Stati Uniti: il conglomerato industriale 3M, tra i principali produttori, ha raggiunto un accordo che lo vedrà versare tra i 10,5 e i 12,5 miliardi di dollari in un decennio al fine di risanare le reti di acquedotti da una costa all’altra del Paese, da Philadelphia a San Diego.
Anche a maggio sono stati i riscatti a caratterizzare il mercato dei piani individuali di risparmio. Il mese scorso dalle casse dei gestori dei Pir sono usciti 197 milioni, peggio rispetto ai -143 registrati ad aprile. Questo significa che nel giro di cinque mesi il settore ha registrato lo stesso saldo negativo dell’intero 2019, l’anno peggiore per questi prodotti, caratterizzato soltanto dai movimenti in uscita, visto che all’epoca sottoscrivere i prodotti e usufruire dell’agevolazione fiscale non era possibile.