Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Parametri progressivi (non vincolanti) per le sanzioni privacy: paga di più chi ha il fatturato più alto. Ma l’ultima parola spetta ai Garanti e l’ultimissima ai giudici. È quanto deriva dalle Linee guida del Comitato europeo per la protezione dei dati (siglato Edpb) del 24 maggio 2023 n. 4/2022, diffuse il 7 giugno 2023. Le indicazioni dell’Edpb, che occupano 48 pagine, cercano di mettere ordine nelle sanzioni privacy, materia a proposito della quale già nel 2021 il Parlamento europeo aveva denunciato una caotica applicazione, con difformità di vedute quanto alla determinazione delle sanzioni in concreto. D’altra parte, gli importi delle sanzioni previsti in astratto dal Gdpr (regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679) sono fissati con intervalli così ampi che per una stessa violazione si possono irrogare centinaia o migliaia o milioni di euro o anche niente (limitandosi a un ammonimento).
Procedimento a tappe, con tante valutazioni discrezionali del Garante. Le vicende che conducono all’irrogazione di una sanzione per violazioni della privacy sono illustrate dalle Linee guida Edpb del 24 maggio 2023 n. 4/2022, che mette a disposizione un articolato metodo. Tutto parte dall’accertamento e dalla qualifica della violazione commessa. Al termine di questa prima operazione, il Garante avrà stabilito se la violazione è punita dall’articolo 83, par. 4, oppure dall’articolo 83 par. 5 o 6.
Il rialzo dei tassi di interesse diventa una zavorra per la crescita delle imprese italiane. Un primo effetto tangibile è sull’eccesso di liquidità accumulato nell’ultimo triennio, oggi stimato in circa 120 miliardi di euro, che si sta via via riducendo (erano 10 miliardi in più nel 2021). C’è anche un secondo effetto, a questo concatenato, sta nella contrazione del credito privato alle imprese (-2%). È uno scenario in chiaro scuro quello che attende le imprese italiane anche a causa degli effetti negativi sulla fiducia derivanti dalla instabilità del settore bancario e dalla situazione energetica. A fare questa previsione, a ItaliaOggi Sette, sullo stato di salute delle aziende è Andrea Resteghini, head of credit underwriting Paesi Mediterranei, Medio Oriente e Africa per Allianz Trade, che così commenta i dati raccolti nello studio “L’Italia delle imprese 2023”
Welfare aziendale più conveniente dei premi di risultato. Infatti, sulle misure del primo tipo (quali possono essere, per esempio, i contributi per la previdenza integrativa o per l’assistenza sanitaria o polizze per familiari del dipendente) non si pagano né tasse né contributi. Invece, i premi di risultato, cioè le somme in denaro date in “premio” (appunto) ai lavoratori in base ai risultati ottenuti dall’azienda, sono agevolati solo dal punto di vista fiscale (si paga una tassazione agevolata del 5% fino a 3 mila euro nell’anno 2023). Lo precisa, tra l’altro, l’Inps nella circolare 49/2023 con il vademecum sulle regole contributive di fringe benefit, dei premi di risultato e delle misure di welfare. Inoltre, su avviso del ministero del lavoro, l’Inps precisa che in caso di sostituzione dei premi di risultato con versamenti alla previdenza integrativa su questi ultimi versamenti va pagato un contributo di solidarietà del 10% a carico del datore di lavoro.
La contrattazione collettiva aziendale piace alle piccole aziende e al Nord Italia soprattutto per erogare premi di risultato ai propri dipendenti. Secondo i dati del ministero del lavoro, infatti, nel 50% dei casi sono le imprese con meno di 50 dipendenti a farne uso, nel 71% dei casi da parte di realtà appartenenti al settentrione e i beneficiari delle misure sono circa tre milioni di dipendenti per un premio medio annuo di 1.547 euro. A renderlo noto è il ministero del lavoro nel report aggiornato al 15 maggio 2023. Senza accordo, nessun benefit! La legge 232/2016 ha introdotto in via strutturale, per i premi di risultato e per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili ai lavoratori del settore privato, un particolare regime fiscale agevolato consistente nell’applicazione di un’imposta sostitutiva Irpef pari al 10%, che la legge 197/2022 ha abbassato al 5% per il corrente anno 2023, entro il limite d’importo pari a 3 mila euro lordi.
Il fattore umano è coinvolto, a livello globale, in tre incidenti informatici su quattro. Gli hacker approfittano, quindi, di errori, disattenzioni e mancanza di competenze degli utenti per mettere a segno gli attacchi nei confronti di imprese, istituzioni, semplici cittadini. A rilevarlo sono i dati contenuti nella 16° edizione del “Data breach investigations report” di Verizon Business, tra i big nell’ambito nella fornitura tecnologia e servizi per la comunicazione, che ha analizzato 16.312 incidenti di sicurezza e 5.199 violazioni. Dati che trovano conferma nella ricerca globale 2023 “Security awareness and training” di Fortinet secondo cui oltre l’80% delle organizzazioni subisce attacchi informatici che prendono di mira i dipendenti. Ed è proprio attorno alle competenze e alla formazione degli utenti e dipendenti che ruotano le raccomandazioni fornite da Axitea e Hwg per prevenire e mitigare i danni derivanti dagli attacchi informatici.
Il car sharing ha ripreso a crescere anche se non è ancora tornato ai livelli del periodo precedente all’emergenza sanitaria. Rimane comunque una forma di mobilità molto diffusa, soprattutto per gli spostamenti nelle grandi città dove si concentrano i servizi: tra i trend c’è l’aumento della durata dei noleggi e dei chilometri percorsi e una crescente componente di veicoli elettrici nelle flotte. Secondo l’analisi annuale promossa da Aniasa, l’Associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità, il car sharing nel 2022 è tornato a crescere, ma resta ancora lontano dai numeri registrati nel 2019: infatti è quasi dimezzato il parco veicoli a disposizione e il numero di noleggi. L’onda lunga dello stop alla mobilità degli scorsi anni continua, infatti, a mostrare i suoi effetti sul settore: nel 2022 il car sharing ha superato i 5,6 milioni di noleggi, un dato positivo se raffrontato all’anno precedente (con un +3,1%, dopo 2 anni di calo), ma distante dai 13 milioni di noleggi raggiunti nel 2019. È stabile, invece, il numero di iscritti al servizio (quasi 2,5 milioni) e di utenti attivi (sono 280 mila gli utenti che hanno noleggiato almeno una volta negli ultimi 6 mesi), a testimonianza di come questo settore sia ormai riconosciuto nel panorama della mobilità cittadina e con una base di utilizzatori consolidata.
Per la polizza assicurativa a copertura del Trattamento di fine mandato (Tfm) spazio a nuove interpretazioni. Spesso le società di assicurazioni propongono alle imprese la sottoscrizione di una polizza assicurativa a garanzia dei mezzi finanziari necessari al pagamento del Tfm degli amministratori. Il contratto ha le caratteristiche tipiche di un’assicurazione vita e, quindi, determina la gestione dei premi con investimenti nella gestione separata di riferimento. Ciò premesso, appare necessario ipotizzare le conseguenze in ambito contabile e fiscale di tali fenomeni. In primo luogo, si rammenta la prassi dell’amministrazione finanziaria secondo cui “i premi pagati per la costituzione di una polizza a garanzia del Tfm non costituiscono un elemento negativo di reddito, bensì un elemento dell’attivo patrimoniale rappresentativo di un investimento finanziario di risorse disponibili” (C.m. n.14/1987). Da ciò consegue che, anche nel caso in cui il beneficiario della polizza assicurativa sia direttamente l’amministratore e non la società che ha corrisposto i premi, l’impresa, per assicurarsi la deducibilità del Tfm accantonato deve provvedere a rilevare in contabilità sia l’accantonamento al fondo Tfm sia il pagamento dei premi assicurativi. Tuttavia, nell’ipotesi in cui la società abbia stipulato un contratto assicurativo, l’importo dei premi di polizza non può essere iscritto a conto economico, ma deve essere riportato nello stato patrimoniale come credito di natura finanziaria verso la compagnia di assicurazione, alla voce B.3.II.d – “Crediti verso altri”, tra le immobilizzazioni finanziarie dello stato patrimoniale.

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È in gran parte colpa delle compagnie d’assicurazione se in Italia sono troppo poche le trasformazioni in rendita, ovvero in una pensione aggiuntiva a quella principale, del capitale maturato con i fondi pensione. L’accusa alle compagnie arriva dalla Relazione del presidente facente funzione della Covip in un passaggio passato quasi inosservato. «Le condizioni di offerta proposte dalle imprese di assicurazione – ha scritto la presidente Francesca Balzani – sul mercato delle rendite vitalizie risultano economicamente ancora poco convenienti rispetto all’aspettativa di vita. Per fasce di pensionati in condizioni socio- economico più deboli, pertanto, le rendite vitalizie disponibili sul mercato sono poco accessibili». Più avanti, la presidente aggiunge che «le ragioni di tale scarsa convenienza sono complesse (…) attenendo anche alla contenuta intensità delle pressioni competitive». In altre parole, le compagnie praticano rapporti di conversione del capitale in rendita sfavorevoli ai lavoratori e ciò dipende anche dalla scarsa concorrenza che c’è fra di loro.
Come funzionano le assicurazioni “longterm care”. Moltrasio (Zurich Investment Life): con la longevità in aumento, questi strumenti avranno un ruolo sempre più importante. Con un’aspettativa di vita di 84 anni, l’Italia è il quinto Paese più longevo al mondo dietro a Hong Kong, Giappone, Svizzera e Singapore. Oggi, inoltre, il 23% della popolazione del nostro Paese ha più di 65 anni, percentuale che è destinata a salire al 34% entro il 2050. Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione ha ormai raggiunto dimensioni tali che si parla di longevity economy, ovvero lo sviluppo di prodotti e servizi destinati alla terza età. Questo cambiamento nella struttura demografica del Paese rappresenta però solo un’opportunità ma anche una difficile sfida sociale che richiede una revisione dei paradigmi che sorreggono il nostro sistema economico, sanitario, sociale e previdenziale. Basti pensare che già oggi sono 8 milioni i familiari svolgono una funzione di caregiver (il 13% della popolazione), di cui ben 6 milioni sono donne.

La casa di proprietà, posseduta dall’80% dei nuclei familiari in Italia, viene assicurata solo dal 50% di loro e meno del 5% ha una tutela completa contro le catastrofi naturali, terremoti o alluvioni, inondazione, allagamenti, come quelli che hanno colpito la Romagna nelle ultime settimane