Gli esoneri di responsabilità firmati dai passeggeri del sommergibile disperso in mare durante l’immersione in avvicinamento al relitto del Titanic, potrebbero non essere sufficienti a salvaguardare la società proprietaria del sommergibile Titan da eventuali azioni legali da parte delle vittime.

È quanto riporta Insurance Journal citando il parere di alcuni esperti legali.

Il sommergibile Titan è scomparso un settimana fa dopo circa due ore di immersione è stato ritrovato in pezzi sul fondo dell’oceano dalla Guardia Costiera degli Stati Uniti che ha parlato di “catastrofica implosione” della camera a pressione del Titan.

Si ritiene che i passeggeri, che hanno pagato fino a 250mila dollari ciascuno per il viaggio fino a 12.500 piedi (3.810 metri) sotto la superficie del mare, abbiano firmato esoneri di responsabilità. Un giornalista della CBS che ha effettuato l’immersione con OceanGate Expeditions nel luglio 2022 ha detto di aver firmato la rinuncia in un documento che menzionava il rischio di morte per ben tre volte nella sola prima pagina.

Giovedì scorso OceanGate non ha risposto immediatamente alle richieste di commento alla notizia pervenute da Reuters.

Le rinunce ai risarcimenti in caso di decesso non sono sempre scolpite nella pietra e non è raro che i giudici le respingano se vi sono prove di negligenza grave o rischi che non sono stati resi noti in maniera completa e trasparente.

Secondo l’avvocato ed esperto di diritto marittimo Matthew D. Shaffer, che vive in Texas, “se ci fossero alcuni aspetti della progettazione o della costruzione del Titan che sono stati tenuti nascosti ai passeggeri, oppure se si fosse operato consapevolmente nonostante le informazioni non giudicassero il mezzo idoneo a un’immersione di quel tipo, sarebbero elementi sufficienti a invalidare la rinuncia firmata dai passeggeri”.

OceanGate potrebbe sostenere che non vi è stata una negligenza grave e che le deroghe vanno applicate in quanto affermano di aver descritto in maniera completa i rischi inerenti all’idraulica cui va incontro un sommergibile delle dimensioni di un minivan, nei tratti più profondi dell’oceano.

La gravità di eventuali negligenze e la relativa influenza sull’applicabilità delle deroghe dipenderà dall’accertamento delle cause dell’implosione del piccolo sommergibile, che sono ancora oggetto di indagine.

“Le famiglie potrebbero avanzare molte rivendicazioni, ma fino a quando non si conosceranno le cause del disastro, non è possibile parlare di applicazione o meno delle deroghe”, ha spiegato l’avvocato specializzato in lesioni personali Joseph Low della California.

OceanGate è una piccola azienda con sede a Everett, Washington, e non è chiaro se abbia i beni per provvedere a eventuali risarcimenti significativi, ma le famiglie potrebbero riscuotere la polizza assicurativa della società, se ne ha una. Inoltre, le famiglie delle persone decedute, potrebbero anche chiedere il risarcimento dei danni a qualsiasi società esterna che ha progettato, costruito il sommergibile o solo realizzato componenti per il Titano, qualora emergessero negligenze a carico della società.

OceanGate potrebbe cercare di proteggersi dai danni presentando una cosiddetta azione di limitazione di responsabilità ai sensi del diritto marittimo, che consente ai proprietari di navi coinvolte in un incidente di chiedere a un tribunale federale di limitare eventuali danni al valore attuale della nave, che però sarebbero pari a zero, dal momento che il Titan è stato distrutto, ma OceanGate avrebbe bisogno di dimostrare di non essere a conoscenza di potenziali difetti del sommergibile. Se non dovesse riuscirci, le famiglie potrebbero intentare causa per negligenza o per omicidio colposo.

Ciò che OceanGate sapeva sulla sicurezza del sommergibile e ciò che veniva detto ai passeggeri è lo snodo cruciale di tutta la faccenda. In un eventuale procedimento, le famiglie delle persone decedute nella spedizione potrebbero far leva sulla mancanza di sicurezza sollevate a OceanGate da un ex dipendente in una causa del 2018 contro la società presso il tribunale federale di Washington. Il dipendente, David Lochridge, aveva raccontato di aver fatto presente in azienda “i seri problemi di sicurezza”, senza però ottenere riscontri. Sempre nel 2018, anche un gruppo di aziende del settore aveva scritto a OceanGate, esprimendo le proprie preoccupazioni per la sicurezza e il proprio sconcerto per la decisione della società di non certificare il Titan attraverso enti preposti come l’American Bureau of Shipping.