Per rendere le strade più sicure la prossima generazione di auto a guida autonoma dovrebbe imparare a interfacciarsi anche con i ciclisti.

È quanto sostiene lo studio” Keep it Real: Investigating Driver-Cyclist Interaction in Real-World Traffic”, dell’Università di Glasgow. Il team di ricercatori specializzati nelle interazioni uomo-computer sostiene che è necessario individuare un sistema in grado di replicare le complesse interazioni sociali che avvengono tra automobilisti e ciclisti. I ricercatori hanno infatti descritto i tanti modi in cui automobilisti e ciclisti comunicano direttamente e indirettamente tra loro sulla strada. Da questa base di informazioni sono state poi elaborate una serie di raccomandazioni su come dovranno comportarsi nei decenni a venire le auto a guida autonoma quando i conducenti non saranno attivamente coinvolti alla guida del veicolo. Per aumentare la sicurezza dei ciclisti, che attualmente sono tra gli utenti più vulnerabili della strada, le auto di prossima generazione dovranno quindi essere in grado “di comprendere le comunicazioni umane”. Come? Ad esempio le auto potrebbero segnalare meglio le loro intenzioni con display integrati all’esterno. Una serie di Led colorati, simili a semafori sui bordi delle auto, potrebbe mostrare animazioni che segnalano in anticipo le intenzioni di manovra, una fase di rallentamento o accelerazione, aiutando così i ciclisti a interpretare meglio le intenzioni degli AV.

Dal lato ciclisti, i ricercatori pensano a “occhiali intelligenti” in grado di comunicare direttamente con le auto a guida autonoma che “Potrebbero inviare messaggi diretti ai ciclisti che indossano interfacce come gli occhiali realtà aumentata”.

Il professor Stephen Brewster della School of Computing Science dell’Università di Glasgow che ha guidato la ricerca ha detto che “automobili e biciclette condividono gli stessi spazi sulle strade, il che può essere pericoloso: tra il 2015 e il 2020, l’84% degli incidenti mortali in bicicletta ha coinvolto un veicolo a motore e ci sono state più di 11.000 collisioni. Negli ultimi anni sono state condotte molte ricerche per aumentare la sicurezza nei veicoli autonomi soprattutto in riferimento ai pedoni, ma poco è stato fatto sulla come i veicoli autonomi possano condividere in sicurezza la strada con i ciclisti, che viaggiano accanto alle auto per periodi prolungati e si affidano alle interazioni bidirezionali con i conducenti per determinare le reciproche intenzioni. È un insieme di comportamenti molto complicato, una grande sfida da affrontare per le future generazioni di auto. Attualmente, le auto a guida autonoma offrono un feedback diretto molto limitato ai ciclisti per aiutarli a prendere decisioni di fondamentale importanza, ad esempio se è sicuro sorpassare o cambiare corsia”.

Tuttavia c’è un rischio. Per i ricercatori i progettisti di qualsiasi interfaccia auto-ciclista dovrebbero calibrare bene i propri strumenti in modo da “evitare di sovraccaricare i ciclisti di informazioni non necessarie, soprattutto in scenari in cui gli utenti della strada sono in movimento”.

Lo studio è stato condotto in due fasi, partendo dall’osservazione del traffico stradale di Glasgow e dintorni per capire meglio come interagiscono gli utenti della strada, nel tentativo di trovare soluzioni al problema.

Ha osservato 414 interazioni separate tra ciclisti e automobilisti in cinque incroci cittadini durante periodi di traffico intenso al mattino e nel tardo pomeriggio, notando se i ciclisti e gli automobilisti erano consapevoli l’uno dell’altro negli spazi adiacenti, come indicavano la loro intenzione per la prossima manovra, come negoziavano chi si sarebbe mosso per primo e come comunicavano il feedback una volta completata la manovra.

Sono stati studiati i segnali fisici e vocali, oltre a quelli impliciti come il rallentamento, per capire come funzionavano le interazioni. Il team ha anche fornito a 12 volontari occhiali per il tracciamento oculare e videocamere montate sulla testa con cui pedalare, per scoprire cosa guardano le persone durante il viaggio. Si è così scoperto che i ciclisti si affidavano più regolarmente alle informazioni provenienti dai segnali stradali e dai semafori in situazioni come gli incroci. Inoltre, esaminano le auto molto spesso per valutare le intenzioni dei conducenti in situazioni come rotatorie, incroci incontrollati e lavori stradali.

Presi insieme, questi due studi mostrano i dettagli delle interazioni tra conducenti e ciclisti e il modo in cui i ciclisti usano gli occhi per prendere decisioni sui loro movimenti, che non sono stati ampiamente osservati nelle ricerche precedenti”, ha aggiunto il professor Brewster. “Nel tempo, gli utenti della strada hanno sviluppato un linguaggio condiviso che li aiuta a negoziare in sicurezza gli spazi nel traffico”.