Gianluca Stancati
I compensi dei professionisti che svolgono i controlli (asseverazione; visto di conformità) a presidio della legittima formazione e conseguente corretta circolazione dei crediti da bonus edilizi, ovvero che prestano altri servizi connessi agli interventi agevolati, ove intervenga l’ opzione per lo sconto in fattura , non soggiacciono agli obblighi di sostituzione di imposta ex art. 25 del d.P.R. n. 600/1973.

Questa conclusione, anticipata su ItaliaOggi del 25 febbraio scorso, in assenza di chiarimenti ufficiali di prassi e sulla base di argomentazioni sistematiche, ha trovato conferma espressa ad opera della maxi-circolare n. 23-E del 23 giugno. In particolare, nel par. 6.2.1 si afferma che “detta ritenuta non trova applicazione nell’ipotesi di corrispettivi oggetto di sconto in fattura per effetto dell’opzione di cui all’articolo 121, comma 1, del decreto Rilancio da parte dei professionisti che acquisiranno il credito di imposta in quanto, in tale ipotesi, non viene eseguito alcun pagamento”.

Il tema, di rilievo per tutti casi in cui il committente/cliente rappresenti un “potenziale sostituto”, era stato generalmente affrontato nella prospettiva che il bonus incassato dal prestatore potesse leggersi quale soddisfazione in natura del suo credito professionale, riconducibile al debitore (il cliente/committente) per il fatto della sua “rinuncia” a beneficiare direttamente della detrazione. In tale ottica ci si chiedeva se l’obbligo del percipiente di fornire la provvista in denaro alla controparte, per consentire a quest’ultima di operare la ritenuta con rivalsa, fosse estensibile al caso in questione, ovvero dovesse considerarsi circoscritto ai soli casi espressamente previsti dalla disciplina di riferimento (d.P.R. n. 600/1973), vale a dire i redditi di lavoro dipendente (art. 23, comma 1, ultimo periodo), i dividendi in natura (art. 27, comma 2) ed i premi (art. 30, comma 3).

A ben vedere, ed ora l’Amministrazione finanziaria ne dà espressamente atto, la questione va posta in termini diversi. Per effetto dell’opzione il professionista vedrà soddisfatto il suo credito per prestazioni di lavoro autonomo attraverso una “contribuzione finanziaria pubblica”, vale a dire un credito di imposta che lo Stato gli attribuirà. Tale contribuzione attiene all’aspetto finanziario, cioè all’incasso dei corrispettivi, nel senso che il prestatore, anziché essere pagato dal suo cliente, consegue il contributo pubblico nella forma di tax credit. Dunque, come rilevato dall’Agenzia, il committente medesimo resta fuori dal meccanismo liquidatorio del compenso. Al contempo, come palesato dalla disciplina originaria ed ulteriormente corroborato nelle sue numerose rivisitazioni, il credito Irpef sorge in capo al professionista “a titolo originario”. Circa, invece, i profili reddituali, la citata circolare chiarisce che l’intero ammontare di detto credito confluirà nella base imponibile, alla data di fatturazione (implicante l’opzione per lo sconto).

Gianluca Stancati
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