IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE LANCIA LA PROPOSTA DI PORTAFOGLI ANTI-INFLAZIONE
di Andrea Pira
Incanalare il risparmio verso le iniziative produttive delle imprese di ogni dimensione e costruire un portafoglio che si auto-protegga dall’inflazione. Sono i pilastri della proposta lanciata dal presidente della Consob, Paolo Savona, nell’annuale incontro con il mercato in Borsa Italiana. «Lo scorso anno il risparmio italiano ha registrato ancora una buona tenuta, ma i primi indizi per il 2022 manifestano segni di cedimento dei flussi. È anche emersa con chiarezza la tendenza, che ha mostrato nel corso del 2021 una netta accelerazione, a investire in strumenti speculativi e in mercati esteri, scelte non sempre basate su criteri razionali».

Un primo passo da compiere è «il rafforzamento della componente rappresentativa dell’attività produttiva verso cui dirigere i risparmi» rifacendosi al dettato costituzionale che prevede l’incoraggiamento «diretto e indiretto all’investimento azionario del risparmio popolare nei grandi complessi produttivi del Paese». Tali investimenti offrirebbero «una base per un welfare integrativo e autogestito dai membri di una società a bassa produttività e fertilità». Un secondo passo è creare portafogli che auto-proteggano i risparmiatori dall’inflazione. La proposta prevede «una composizione equilibrata tra attività mobiliari e immobiliari, affidando la redditività agli andamenti dell’economia reale, così alleggerendo la politica monetaria del peso di manovre inusuali sui tassi dell’interesse». Strumenti come gli Eltif, i fondi chiusi europei di lungo periodo, o i Piani individuali di risparmio (Pir) o il Btp Italia in corso di emissione e il cui andamento sottolinea «la fiducia nella solidità del debito pubblico», sono indicati come esempi di questa strategia. L’inflazione, d’altronde, è da considerare una tassa occulta. La proposta permetterebbe invece «la riduzione di quella parte della finanza che genera rendite dissociate dall’andamento dell’economia reale e rilanciare quella che spinge la produttività, il fattore trainante di un’economia aperta alla concorrenza, come quella italiana» e se attuata in precedenza, secondo i calcoli del presidente Consob, avrebbe arginato la perdita del potere d’acquisto del risparmio finanziario, fermandola al 14% anziché al 16% tra il 2008 e il 2021. Compito della politica sarà quindi adeguare il quadro normativo, ad esempio sfruttando il trattamento fiscale, propone l’Abi

In questo quadro le imprese devono però essere invogliate a quotarsi, semplificando l’iter per evitare la fuga delle aziende verso i mercati esteri, perché attratte dai vantaggi normativi o «semplicemente», perché disincentivate dalla complessità del sistema italiano. Su questi temi si sta già lavorando, di concerto con il ministero dell’Economia, che nei mesi scorsi ha lanciato un Libro verde per rafforzare la competitività del mercato dei capitali nazionale. Va detto che l’ultimo anno le operazioni finalizzate, direttamente o comunque associate, al delisting dei titoli azionari oggetto di offerta sono salita da otto del 2020 a 14. Il delisting si è realizzato, o è di prossima realizzazione, in 13 casi, per una capitalizzazione pari a 10,3 miliardi di euro.

Nel contempo l’accordo tra Borsa Italiana ed Euronext rappresenta una «palestra in cui si dovrebbero manifestare le forze che mirano ad ampliare l’attività delle contrattazioni che avvengono su basi regolate e a far scomparire le specificità normative dell’Italia nel contesto europeo». Un processo che dovrebbe avvenire non «a seguito di un nostro adattamento alla competizione normativa» dei mercati finanziari europei ed extraeuropei, ma attraverso la creazione «di un campo di gioco livellato per tutti».

Quanto all’importanza di stimolare lo sbarco delle imprese in borsa, il presidente Consob ha messo in evidenza come il capitale produttivo delle quotate ha oggi un rapporto prezzo/utile di gran lunga superiore a quello del 2008, con effetti positivi che si riflettono sull’analogo rapporto di quelle non quotate nei mercati ufficiali, ma a valori scontati per la minore mobilità dei loro titoli di proprietà». (riproduzione riservata)

Incanalare il risparmio verso iniziative produttive. Authority in linea col Tagliadebito
di Roberto Sommella
Anche il presidente della Consob, Paolo Savona, sposa la linea dell’Appello di MF-Milano Finanza e dedica una lunga parte della sua relazione annuale al mercato alla necessità di proteggere il portafoglio dall’inflazione, convogliando il risparmio verso investimenti produttivi di aziende italiane. Esattamente quanto proposto dal Manifesto per il Tagliadebito e l’uso del Risparmio nei confini nazionali che Milano Finanza ha lanciato qualche giorno fa e che sta riscuotendo migliaia di consensi e di firme. «Un primo passo da compiere, che rientra tra gli obiettivi ricordati in apertura perseguiti dalla Consob, ma divenuto urgente da intraprendere, è incanalare il risparmio verso le iniziative produttive delle imprese di ogni dimensione», ha detto Savona nel suo annuale incontro a Milano con il mercato. «È pur vero che la stretta relazione che si era stabilita tra politica monetaria e andamenti dei mercati regolamentati va causando fluttuazioni di valore delle imprese che scoraggiano siffatti investimenti, ma va emergendo una più stretta e sana relazione tra quotazioni e profitti, sui quali l’inflazione opera in via favorevole, perché gli aumenti di prezzo interessano il mercato globale e non incidono in profondità sulle ragioni di scambio tra imprese nazionali e internazionali. L’inflazione colpisce soprattutto i consumatori finali le cui risorse provengono da redditi sostanzialmente fissi e i risparmiatori che hanno investito in titoli di credito”, si legge ancora nel suo discorso.

D’altronde la tutela del risparmio è sancita dalla Costituzione e Savona lo ricorda a tutta la comunità finanziaria. «Il rafforzamento della componente rappresentativa dell’attività produttiva verso cui dirigere i risparmi trova validazione giuridica nell’art. 47 della Costituzione dove è detto che la protezione si ottiene con l’incoraggiamento «diretto e indiretto all’investimento azionario del risparmio popolare nei grandi complessi produttivi del Paese». Questi investimenti «offrono una robusta base per un welfare integrativo e autogestito dai membri di una società a bassa produttività e fertilità; affrontare l’invecchiamento della popolazione con un sistema pensionistico per la gran parte ancorato a metodi di ripartizione solidaristici non pare adatto allo scopo di ben servire il ciclo vitale dei cittadini e garantire la stabilità macroeconomica reale e finanziaria.

Per Savona è dunque fondamentale «creare portafogli che auto-proteggano i risparmiatori dall’inflazione, nel cui ambito gli investimenti in titoli di proprietà svolgono una funzione primaria» con una «composizione equilibrata tra attività mobiliari e immobiliari, affidando la redditività agli andamenti dell’economia reale, così alleggerendo la politica monetaria del peso di manovre inusuali sui tassi dell’interesse». Le soluzioni tecniche possono essere diverse e la politica avrebbe il compito principale di creare la struttura giuridica di accoglimento più idonea, per dare vita a un meccanismo protettivo del risparmio che soddisfi il dettato costituzionale. Ma la strada da seguire con i venti di crisi e un’inflazione al 7% è quella, compresi strumenti come i Btp legati all’inflazione, appena emessi dal Tesoro: occorre proteggere il risparmio e con esso i salari dal caro tassi e dal caro-vita. Non sarà semplice per il governo Draghi.

L’inflazione è infatti una perfida tassa occulta, come confermano i dati della Commissione di Borsa. Dal 2008, anno della crisi finanziaria globale, al 2021, l’aumento dei prezzi al consumo ha inciso il potere di acquisto del risparmio finanziario italiano nell’ordine complessivo del 16% (dati Istat), a cui si aggiunge la caduta di valore degli immobili del 12% (dati Bri). «Se il portafoglio esistente avesse avuto le caratteristiche proposte, la perdita complessiva sarebbe stata del 14%, in parte recuperata se fosse stata seguita una composizione valutaria equilibrata», ha aggiunto il numero uno della Consob nelle sue considerazioni; tenendo conto che nel periodo considerato il dollaro si è rivalutato del 23% rispetto all’euro, un portafoglio la cui metà delle attività fosse stata denominata nella valuta americana avrebbe dunque ridotto la minusvalenza indicata al 2,5%, agendo in direzione dell’auto-protezione. Ma questo, purtroppo per i risparmiatori, nella realtà non è avvenuto. (riproduzione riservata)
Fonte: logo_mf