LA STIMA AL 2025 È STATA ELABORATA DALL’UPB TENENDO CONTO DELL’INDICIZZAZIONE
di Andrea Pira
Il combinato disposto di maggiore inflazione e di una indicizzazione più generosa avrà un impatto di 20,6 miliardi sulla spesa pensionistica al 2025. E anche maggiore negli anni a seguire. Al netto dell’indicizzazione l’aumento sarà invece di circa 15 miliardi. Le stime, basate sui numeri del Documento di economia e finanza, sono state fatte dall’Ufficio parlamentare di bilancio e illustrate assieme all’analisi congiunta, realizzata assieme all’Inps, sui risultati della sperimentazione triennale di Quota 100, finita con il 2021. Un esercizio necessario dato lo stato dei conti pubblici, come sottolineato dalla presidente dell’Upb, Lilia Cavallari. Con risorse limitate occorre prestare attenzione alla loro allocazione.

Trascorsi tre anni dall’avvio e terminata la sperimentazione, i dati su Quota 100 dicono che nell’ambito della misura bandiera della Lega per andare uscire dal mondo del lavoro con 62 anni di età e 38 di anzianità contributiva sono state accolte poco meno di 380mila domande, 298mila in meno rispetto alle 678mila uscite stimate nella relazione tecnica che accompagnava il provvedimento. Il profilo dei cosiddetti «quotisti» è quello di un uomo che lavora nel privato. In termini assoluti le Quota 100 sono più concentrate al Nord, ma in percentuale l’incidenza è maggiore è nel Mezzoggiorno. Il pensionamento è avvenuto principalmente a ridosso dei requisiti e l’anno d’oro per la misura è stato il 2019, con oltre 155mila pensionati, quando ad aderire furono disoccupati e silenti, ossia soggetti che pur avendo versato contributi in passato non lavorano o non percepiscono altre prestazioni. Una via d’uscita quindi. Anche la spesa di 23 miliardi è inferiore di circa 10 miliardi ai 33,5 miliardi stanziati nella legge di bilancio 2019, e di 5 miliardi inferiore se si tiene conto dei definanziamenti decisi prima con la Nadef e poi con la manovra 2020.

Le cifre però possono variare. Secondo lo studio con le persone che hanno maturato i requisiti e che fanno domanda successivamente si potrà arrivare a fine 2025 a 450mila quotisti. Il monitoraggio, nelle intenzioni. dovrà essere una bussola per futuri interventi, mentre la discussione sulla flessibilità tra sindacati e governo procede un po’ a rilento. Sul tavolo ci sono tre ipotesi che secondo i nuovi numeri forniti dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, costano nel triennio 2023-25 da 3,5 a 18 miliardi. Quota 41, indipendente dal requisito anagrafico, senza incrementi della speranza di vita e con finestre trimestrali è la più costosa. L’opzione del calcolo contributivo, con 64 anni di età e almeno 35 di anzianità contributiva, a condizione di aver maturato un importo della pensione pari ad almeno 2,2 volte l’assegno sociale ne costerebbe 6 miliardi. Infine, l’anticipo della quota contributiva con almeno 63 anni, 20 di contributi e un importo minimo di 1,2 volte l’assegno sociale costerebbe 3,5 miliardi. Intanto il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, non esclude meccanismi capaci di rispondere all’impennata dei prezzi con più celerità rispetto alla rivalutazione delle pensioni e punta a interventi sui salari entro l’estate. (riproduzione riservata)
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