PER PASSARE AL 100% ELETTRICO NEL 2035 MANCANO LA RETE DI RICARICA E LE MATERIE PRIME
di Francesco Bertolino
Le case auto chiedono più tempo all’Unione europea. All’indomani del voto favorevole del Parlamento Ue, l’Acea ha invitato i governi degli Stati membri a rivalutare il bando a diesel e benzina nel 2035. Pur appoggiando gli obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni per il 2025 e per il 2030, l’associazione dei costruttori europei è perplessa riguardo alla fissazione di un termine tassativo per l’azzeramento della Co2. «Alla luce dell’incertezza e della volatilità che sperimentiamo giorno per giorno, ogni regolamentazione di lungo termine che superi un orizzonte decennale è prematura», ha sottolineato Oliver Zipse, presidente Acea e ceo di Bmw. «Per definire gli obiettivi post-2030 servirebbe invece una revisione trasparente a metà del percorso». Nessuna legislazione e nessuna strategia industriale può del resto prevedere cosa accadrà fra 10 anni: la pandemia e la guerra in Russia hanno dimostrato la necessità di adeguare continuamente i piani al mutare delle circostanze geopolitiche e macroeconomiche. «La revisione», ha aggiunto Zipse, «dovrà anzitutto valutare se lo sviluppo delle reti di ricarica e la disponibilità di materie prime per batterie sarà in grado di sostenere il costante e ripido aumento dei veicoli elettrici a batteria momento per momento». Secondo gli analisti di Bernstein, per servire il solo mercato europeo la capacità di produzione di batterie dovrà aumentare di 10 volte entro il 2035, raggiungendo i 1600 gigawattora. Il punto è: da dove arriveranno queste batterie? La preoccupazione di molte aziende del settore auto è che l’accelerazione sull’elettrico spinga l’industria europea nelle braccia dei fornitori asiatici, creando una pericolosa dipendenza. «L’Europa detiene meno dell’1% delle riserve globali di materiali critici per batterie al litio, nichel, cobalto, grafite naturale, manganese», ha calcolato la Clepa. L’associazione della componentistica europea ha paventato il rischio di perdere mezzo milioni di posti nella filiera dei motori termici di qui al 2040 e ha perciò esortato a un ripensamento il Consiglio dell’Unione europea, l’organo dei governi membri chiamato a dare il via libero definitivo al bando a diesel e benzina.

Clepa chiede in particolare di diversificare l’approccio tecnologico alla decarbonizzazione, includendo anche i biocarburanti. La loro esclusione rischia di danneggiare non solo i produttori di componenti per motori e i proprietari di aree di servizio, ma anche i produttori di questi combustibili. Fra loro figura anche l’Eni che, come anticipato da questo giornale, è al lavoro proprio sullo scorporo delle sue attività nei biocarburanti in vista di una quotazione o dell’apertura del capitale a terzi. Non a caso, il Cane a Sei Zampe era fra i 107 firmatari di un appello alla neutralità tecnologica rivolto pochi giorni fa al Parlamento Ue che però non ha ritenuto di accoglierlo. Si vedrà se troverà orecchie più attente negli Stati membri. Nonostante i desiderata dell’Italia, in realtà, pare che la maggioranza dei governi Ue sia orientata a confermare il bando totale a diesel e benzina nel 2035. L’industria tedesca pare in particolare spingere nella direzione 100% elettrica, priva com’è di alimentazioni innovative dopo che lo scandalo Dieselgate ha travolto tutta la sua ricerca e sviluppo in materia. I costruttori francesi (Stellantis e Renault) avrebbero preferito avere tempo almeno fino al 2040 per poter spalmare gli investimenti su un orizzonte più ampio, ma anche per loro il dado dell’elettrificazione pare ormai tratto. A rischiare grosso nel bando è la componentistica, specie quella italiana, che a differenza dei costruttori non ha le risorse e la taglia per investire decine di miliardi sulla transizione. (riproduzione riservata)
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