QUALI NUOVI SCENARI NELLE DUE PARTITE FINANZIARIE IN CUI ERA IMPEGNATO L’IMPRENDITORE
di Manuel Follis
Molti sostengono che con la scomparsa di Leonardo Del Vecchio non cambierà nulla, ma gli investitori sono i primi a non crederci molto. Nel giorno in cui il mondo della finanza ha detto addio al patron di Luxottica, paradossalmente in borsa hanno perso quasi più i titoli Mediobanca e Generali di quanto non abbia fatto proprio Essilux. La sensazione è che il mercato ieri si sia focalizzato più sulle partite straordinarie che sul business ordinario del mondo degli occhiali.

Titoli in calo. E così, mentre EssilorLuxottica ha chiuso con un calo quasi fisiologico del 2,22% a 143,30 euro, Generali ha lasciato sul terreno il 3,03% a 15,535 euro mentre Mediobanca ha terminato la seduta in flessione del 2,16% a 8,442 euro. Tutto questo a fronte di una giornata debole di Piazza Affari (Ftse Mib -0,8%) e di una leggermente positiva di Euronext a Parigi. La successione (come si legge a pagina 2) era stata preparata per tempo e la governance di EssilorLuxottica, di cui Delfin detiene il 32,2%, garantisce fondi e investitori sulla tenuta del business. Diverso è il discorso su Generali e Mediobanca, di cui la cassaforte di Del Vecchio controlla rispettivamente il 9,8% e il 19,4% società sulle quali la scomparsa dell’imprenditore potrebbe pesare molto di più. Il mercato, in assenza di un protagonista delle vicende, ha tolto qualche punto percentuale legato alla speculazione e alla scommessa di operazioni straordinarie. Visto quello che è successo negli ultimi mesi è verosimile che gli investitori non si aspettino almeno nel breve periodo altri colpi di scena.

Tensione in Piazzetta. Se si parla di Piazza Affari i primi movimenti sono in fondo comprensibili. Al di là però degli andamenti borsistici, c’è da capire come la scomparsa di Del Vecchio potrebbe incidere sulle partite in corso. E anche qui il partito di chi sostiene che «non cambierà nulla» appare poco credibile. L’ultimo scontro è avvenuto in Generali, che è stata anche l’ultima grande operazione dell’imprenditore di Delfin, con il tentativo fallito di far eleggere una lista alternativa a quella proposta dal cda, con un amministratore delegato diverso da Philippe Donnet. Quello scontro in assemblea aveva lasciato strascichi che negli ultimi giorni sono sfociati nell’impossibilità di trovare un accordo sulla governance di Generali per sostituire il posto in consiglio lasciato libero da Francesco Gaetano Caltagirone. La proposta di compromesso avanzata dal comitato nomine, pronto a lasciare carta bianca ai due consiglieri di minoranza (Flavio Cattaneo e Marina Brogi) per indicare il sostituto all’interno della lista di Caltagirone, con l’unica eccezione di Luciano Cirinà (considerato «divisivo» vista la sua causa legale in corso con la compagnia), è stata infatti respinta al mittente. Il board si è riunito il 22 giugno e il clima, dentro e fuori il cda del Leone di Trieste, era ancora teso. E ora?

Il ricordo di Caltagirone. «Se n’è andato un grande italiano. Ne sentirò la mancanza come amico, come imprenditore e come uomo di princìpi», ha commentato ieri Caltagirone ricordando del Vecchio. «Ho sempre apprezzato la sua lealtà, la sua voglia di lavorare per il bene dell’azienda, con assoluto distacco dal potere che la forza economica può dare, la sua grande visione anche sociale». Adesso arriverà Francesco Milleri, delfino designato che da braccio destro del patron di Delfin già gestiva e seguiva tutte le partite importanti della holding. Ma è evidente dalle parole di Caltagirone che Milleri per quanto fosse già in plancia di comando e per quanto determinato e capace, si troverà a colmare un vuoto in realtà difficilmente colmabile. Peraltro, per quanto la successione sia stata ampiamente preparata, mentre Del Vecchio prendeva decisioni disponendo del suo patrimonio, Milleri gestirà di fatto i soldi della famiglia, una dinamica che andrà testata nel tempo. Parlare di Generali implica in realtà parlare anche di Mediobanca, considerata da Del Vecchio e Caltagirone il vero vulnus dal quale a cascata sarebbe derivata una gestione non ottimale della compagnia assicurativa. La lista di Donnet è sempre stata considerata «la lista di Mediobanca» (che detiene il 12,78% del Leone) e il suo ceo Alberto Nagel era stato messo nel mirino e non a caso tutti si aspettavano che il prossimo terreno di scontro sarebbe passato da Trieste a Piazzetta Cuccia. E i rapporti tra Nagel e Milleri non sono mai stati più che civili.

Prove tecniche di pace. I punti interrogativi sono molti, a partire da che strategia adotterà Caltagirone, che proprio a maggio è salito nell’azionariato di Mediobanca, arrivando al 5,5%. In realtà c’è chi sostiene che con la scomparsa di Del Vecchio potrebbe essersi aperta una finestra per lavorare a un possibile accordo tra le parti. Un’intesa che metterebbe fine alle tensioni in Generali e che eviterebbe il probabile scontro in assemblea Mediobanca.

Chi prospetta questo scenario è convinto che spetterà a Nagel trovare una mediazione e sostiene anzi che i movimenti dietro le quinte siano già iniziati. Una pace insomma sarebbe possibile, anche se al momento è difficile intravedere su che basi si potrebbe costruire e quali aspetti concreti potrebbe andare a toccare. Di sicuro, ci sono azionisti che sperano che questo possa avvenire, convinti che gli attriti danneggino le società coinvolte. (riproduzione riservata)
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