LE SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE INTERVENGONO SULLA CATTIVA GESTIONE DEL CAPITALE CONFERITO
di Paola Cavallero
La società fiduciaria che abbia male amministrato il capitale conferitole dagli investitori e che non sia in grado di restituirlo ai mandanti perché divenuta insolvente, risponde sempre ed essenzialmente del danno correlato all’inadempimento del mandato e alla violazione del patto fiduciario. La relativa obbligazione, quand’anche azionata mediante l’insinuazione concorsuale e parametrata all’ammontare del capitale conferito e perduto, è sempre un’obbligazione risarcitoria da inadempimento da mandato che concorre con quella eventuale del Ministero dello Sviluppo Economico, chiamato ad esercitare l’attività di vigilanza, che non abbia tempestivamente intercettato e sanzionato la cattiva gestione del capitale da parte della società soggetta a vigilanza, senza che assuma rilevanza, dal punto di vista causalistico, la (pretesa) aleatorietà dell’investimento in sé.
E’ uno dei principi di diritto pronunciati dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 13143 del 27 aprile 2022 sul contenzioso promosso nei confronti del Mise avanti il Tribunale di Roma da alcuni risparmiatori per vedersi risarciti i danni da perdita dei capitali conferiti in due fiduciarie amministrate contra legem. Secondo la tesi degli investitori all’ente era ascrivibile una responsabilità extracontrattuale per omessa vigilanza e tempestiva revoca dell’autorizzazione a operare. In primo grado la domanda veniva accolta con conseguente condanna del Ministero al pagamento della somma pari al capitale investito da ogni attore mentre veniva rigettata l’eccezione di prescrizione quinquennale attesa l’interruzione del termine dovuta all’insinuazione degli investitori al passivo della liquidazione coatta amministrativa di una delle due società e la sospensione del successivo decorso fino alla chiusura della procedura concorsuale.
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