di Anna Messia
Generali Assicurazioni è un bene di tutti, importante per il Paese e non deve essere proprietà di alcuni imprenditori o famiglie. Dichiarazioni arrivate ieri dall’amministratore generale della compagnia di Trieste, Philippe Donnet, chiamato in audizione dalla Commissione di inchiesta sul sistema bancario e finanziario presieduta da Carla Ruocco. Un’audizione che inizialmente era stata convocata prima dell’assemblea di Generali del 29 aprile, quando lo scontro tra gli azionisti aveva raggiunto i livelli massimi con Francesco Gaetano Caltagirone (9,95% del Leone) pronto a sfidare il board che ricandidava Donnet. Poi, per evitare un’eccessiva interferenza della politica in un’impresa privata, benché Generali abbia in pancia 60 miliardi di Btp, si è preferito il rinvio. Ma ieri le questioni sollevate dai parlamentari sono state quelle più calde che ruotano da mesi intorno a Generali: quale ruolo spetta agli investitori italiani rappresentati dalla lista di Caltagirone? Perché i consiglieri di minoranza sono fuori dai comitati endoconsiliari? E’ possibile un attacco straniero al Leone, dalla Francia in particolare? Si potrebbe immaginare una fusione con una banca, come Unicredit? E Donnet non ha risparmiato le risposte: «La minaccia francese non esiste, è una fantasia», ha detto, aggiungendo che «se c’è stata minaccia è stata 5 anni fa ed è nata in Italia». Nomi Donnet non ne ha fatti ma il riferimento a Intesa, che nel 2017 era pronta a lanciare un’opa su Generali, è stato chiaro. Il ceo ha aggiunto che «una fusione con una banca, Unicredit o qualunque altra, non avrebbe senso, perché si tratta di due business diversi che insieme non genererebbero alcuna sinergia».

Sulla governance ha poi detto che la scelta del mercato per l’attuale assetto è stata chiara. Mentre sullo scontro aperto sui comitati endoconsiliari, in particolare su quello per le operazioni strategiche, considerato fondamentale da Caltagirone, a fare chiarezza è stato il presidente Andrea Sironi. «Avevamo previsto di affidare la presidenza del comitato parti correlate alla minoranza che sarebbe stata presente in tutti gli altri, con l’unico tema delicato delle operazioni strategiche. Mi sono assunto la responsabilità, avere sottovalutato la sensibilità su questo tema», ha detto, aggiungendo di essere ottimista «su una soluzione di mediazione che soddisfi tutti». L’appuntamento è per martedì 7 giugno quando il cda dovrà anche nominare il sostituto di Caltagirone dopo le dimissioni dell’imprenditore dal consiglio. Le ipotesi di Roberta Neri, di Claudio Costamagna e di Luciano Cirinà restano ancora tutte sul tavolo ma quest’ultima, inevitabilmente (viste le causa aperta con la compagnia) sarebbe foriera di nuovi scontri. (riproduzione riservata)
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