IL FATTURATO 2021 DELLE FILIERE MANIFATTURIERE È SALITO IN MEDIA DEL 25,2%, OLTRE I VALORI PRE-CRISI. IL RAPPORTO INTESA SANPAOLO
di Emma Bonotti
A poco più di due anni dallo scoppio della pandemia, l’attività economica dei distretti italiani sta recuperando il precedente vigore. Nella quattordicesima edizione del «Rapporto economia e finanza dei distretti industriali», gli analisti dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo hanno sottolineato la resilienza delle realtà industriali integrate in un contesto geopolitico tormentato, soffermandosi sui punti di forza e le prospettive di miglioramento. Dopo un calo del 14,5% nel 2020, il fatturato delle imprese manifatturiere distrettuali è rimbalzato del 25,2% nel 2021, superando anche i valori del 2019. Buona parte del risultato è dovuto alle esportazioni, che l’anno scorso hanno sfiorato i 133 miliardi di euro. L’aumento del 19,3% del primo trimestre del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021 ha confermato il trend positivo dell’export italiano. Solo il settore moda non è ancora riuscito a svegliarsi dal torpore causato dalla pandemia.

Il conflitto in corso ha profondamente alterato gli scenari macroeconomici, esponendo le aziende a prezzi volatili nelle materie prime. L’interruzione, almeno temporanea, dei rapporti con i mercati russo e ucraino ha però favorito lo sviluppo delle catene del valore a livello europeo, aprendo interessanti opportunità ai distretti italiani. Tra i principali punti di forza evidenziati nel rapporto ha spiccato, infatti, la presenza di filiere produttive ben strutturate. Nello specifico, le imprese riunite nei distretti vantano una distanza media degli approvvigionamenti piuttosto contenuta – benché aumentata nel corso della pandemia – pari a 116 chilometri e un elevato numero di fornitori per azienda. Si aggiungono poi la capacità di presidiare i mercati esteri e l’alto rapporto di brevetti ogni 100 aziende, pari a 70,7 contro il 51,5 delle aree non distrettuali.

Durante i due anni di pandemia, i distretti si sono poi giovati della resilienza di alcuni nuclei di aziende: 845 sono le imprese champion, il 4,5% del totale, che hanno continuato a crescere nel corso del 2020, registrando un ebitda margin oltre l’8% e un livello di patrimonializzazione superiore al 20%. Tali società presentano dimensioni medio-grandi e sono per lo più diffuse nei settori agro-alimentare, meccanico e dei mezzi di trasporto. Nel 2021, le macchine agricole di Padova e Vicenza si sono aggiudicate il primo posto nella classifica dei migliori distretti italiani per crescita, redditività e patrimonializzazione, seguite dalla camperistica della Val d’Elsa e dalle macchine agricole di Reggio Emilia e Modena.

Tuttavia, affinché le filiere di produzione distrettuali continuino a rappresentare un fattore di competitività per le aziende, secondo gli analisti dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo, è necessario accelerare gli investimenti in innovazione. Al momento, l’adozione di tecnologie dell’industria 4.0 riguarda per lo più aziende medio-grandi, mentre le società minori faticano a tenere il passo. A tal proposito, come ha ricordato il presidente del consiglio di gestione di Intesa, Gian Maria Gros-Pietro, «negli ultimi 5 mesi dell’anno il gruppo ha erogato 15 miliardi di euro di credito alle piccole e medie imprese e questo le aiuterà ad aumentare l’innovazione e la penetrazione nel mercato internazionale».

Tra le aree di miglioramento evidenziate nel rapporto risalta anche l’attenzione alla transizione ecologica: nell’ultimo triennio poco meno di un’impresa su tre nel settore legno-arredo ha acquistato macchinari efficienti che riducono il consumo energetico. Nell’economia circolare e nelle fonti rinnovabili, il Pnrr offre un’opportunità unica ma ancora poco conosciuta, soprattutto dalle piccole e medie imprese. Un altro fenomeno interessante per la riduzione degli sprechi è rappresentato dalle comunità energetiche, realtà in cui, attraverso contratti di collaborazione, cittadini, imprese ed enti locali possono condividere l’energia prodotta. Tale soluzione ha un potenziale altissimo nei distretti industriali, dove la connessione delle attività permette di ridurre notevolmente i consumi. Infine, ulteriori benefici potrebbero arrivare da un maggiore capacità delle società di rinnovare la propria governance: nel biennio 2020-21 solo il 13,2% delle aziende ha modificato il proprio board, mentre tra il 2016-19 la percentuale aveva largamente superato il 14%. (riproduzione riservata)
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