TUTTO CONGELATO PER LE CESSIONI DEI CREDITI. RESTA LA STRADA TRADIZIONALE DELLA DETRAZIONE
di Fabrizio G. Poggiani
Game over. Blocco totale dell’acquisto di crediti d’imposta da parte delle banche di maggiori dimensioni. Gli istituti di credito più importanti, dopo altri, hanno comunicato agli utenti, con le pratiche in corso e anche se accettate, di non essere più in grado di sottoscrivere i contratti di cessione dei bonus. In panne i contribuenti con pratiche anche al capolinea e rischio fallimento per molte imprese esecutrici meno strutturate (si vedano ItaliaOggi del 3/6/22 e del 9/6/22).
Questa la situazione sulla cessione dei crediti edilizi, nonostante i numerosi e recenti interventi legislativi (ben sette dal novembre 2021) che hanno tentato di apportare correttivi, da un lato per contenere le potenziali frodi, dall’altro per rendere più smobilizzabili i crediti derivanti dalla cessione dei bonus, con particolare riferimento a quelli edilizi.Si ricorda, che al fine di contrastare le potenziali frodi, il dl 13/2022 (Frodi) ha soppresso il comma 1 dell’art. 28 dl 4/2022 (Sostegni-ter), modificando ulteriormente gli articoli 121 e 122 dl 34/2020; l’art. 1 della legge di conversione del Sostegni-ter ha abrogato poi il decreto Frodi mantenendo le disposizioni dallo stesso introdotte.Per comprendere meglio la complicata situazione, senza richiamare gli ulteriori obblighi introdotti con l’indicazione obbligatoria del contratto collettivo (CCNL) nei contratti di appalto e sub-appalto e il futuro obbligo di certificazione SOA per gli interventi più consistenti, l’Agenzia delle entrate ha emanato, recentemente, un documento di prassi (circ. 19/E/2022) con l’obiettivo di fornire precisazioni sulla gestione dei crediti, con particolare riferimento ai vari passaggi tra committente, impresa e banche e altri intermediari finanziari.Con particolare riferimento alle cessioni, la richiamata circolare (circ. 19/E/2022 § 4.3), ha analizzato l’art. 29-bis del decreto Energia (dl 17/2022) che ha introdotto l’ulteriore possibilità per le banche (e non per gli altri intermediari finanziari) di eseguire una ulteriore (quarta e ultima cessione) a favore dei soggetti con i quali gli stessi istituti di credito hanno stipulato contratti di conto corrente; l’art. 14 del decreto Aiuti (dl 50/2022) ha previsto, inoltre, la possibilità per banche e società appartenenti al gruppo bancario, iscritte nell’albo di cui all’art. 64 del dlgs 385/1993, di eseguire una cessione a favore di soggetti (clienti) professionali privati, di cui al comma 2-quinquies, dell’art. 6 del dlgs 58/1998 (cliente dotato di esperienze, conoscenze e competenze in materia di investimenti).La conseguenza è che le banche e le società appartenenti al gruppo bancario possono cedere direttamente il credito ai correntisti, clienti professionali, senza la necessità, si afferma nel documento di prassi, che sia previamente esaurito il numero di cessioni a favore dei detti soggetti qualificati, pur permanendo il divieto di ulteriori cessioni per il correntista della banca.La situazione si è, quindi, evoluta (o involuta) e complicata a tal punto che gli istituti di credito si trovano attualmente pieni zeppi di crediti d’imposta che, come da comunicazioni anche verbali fornite all’utenza (oltre che tramite mail), non sono più intenzionate a procedere con ulteriori acquisti, sebbene il legislatore, come indicato in precedenza, abbia modificato (forse anche troppo) la normativa, tentando di agevolare lo scambio dei crediti d’imposta.Per il cessionario che non procede a ricollocare i crediti ad altri soggetti, la normativa prevede soltanto la possibilità di compensare i bonus, peraltro con un recupero molto dilazionato nel tempo, in funzione della fruibilità stessa della detrazione (in generale, quattro, cinque o dieci anni); più precisamente, i soggetti che acquistano i citati crediti possono utilizzarli in compensazione di imposte e contributi, secondo le medesime regole previste per l’utilizzazione da parte del beneficiario originario, ma nessuno dei crediti in commento può essere chiesto, in tutto o in parte, a rimborso.La conseguenza è che, nonostante il prezzo d’acquisto del credito d’imposta sia sempre attualizzato (per esempio, primaria banca acquistava il superbonus del 110% al 92,7% del valore nominale del credito) e a nulla rilevando l’esito anche positivo delle piattaforme, sulle quali sono stati caricati meticolosamente i documenti finalizzati alla cessione dei crediti da parte dei committenti e/o delle imprese esecutrici, anche gli istituti di più grande dimensione non procedono più da giorni alla sottoscrizione dei contratti di acquisto dei crediti, in attesa di eventuali e ulteriori interventi legislativi; interventi che, pare di capire dai contenuti delle missive, dovrebbero prevedere un rimborso della quota parte non utilizzata in compensazione del credito, eventualmente anche con rilascio di titoli di Stato.
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