Assolombarda, l’unione delle imprese che operano delle aree di Milano, Lodi, Monza e Brianza, ha recentemente pubblicato un rapporto (disponibile qui) in cui sono indicate le principali scelte che le imprese adottano nel campo del welfare aziendale. Il documento è realizzato grazie ai dati raccolti dall’associazione di categoria e con il supporto di provider di welfare aziendale che operano nel territorio lombardo.

Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio sul welfare di Assolombarda, circa il 43% delle aziende del territorio di Milano, Lodi, Monza e Brianza adotta un accordo di secondo livello. Dopo i Premi di Risultato (presenti nel 64% degli accordi) e l’orario di lavoro (56%), il welfare aziendale è la materia più regolata dalla contrattazione aziendale: è infatti presente sul 54% degli accordi.

Anche in Lombardia persistono forti differenze però in base alla dimensione aziendale e al settore di appartenenza. Tra le realtà più piccole (fino a 25 dipendenti) il welfare aziendale è materia regolamentata in un quarto dei casi, la percentuale raddoppia (50%) tra le medie imprese che contano tra i 26 e i 100 dipendenti; si arriva poi al 73% in quelle sopra i 100 collaboratori.

Distinguendo le imprese in base al comparto produttivo, la quota più elevata di accordi con contenuti di welfare si registra nel chimico-farmaceutico (75%) e nell’alimentare (64%); mentre tra le aziende del settore del commercio e del terziario la percentuale rimane sotto al 30%.

In riferimento al budget medio che ogni lavoratore ha speso in welfare aziendale, secondo i provider (Aon, Assiteca, Double You, Edenred, Eudaimon e Welfare4you) si è passati dai 589 euro del 2019 ai 596 del 2020, con un incremento su base annua dell’1,1%. Si tratta di un trend positivo rilevante, considerando che anche nell’anno precedente si era registrato un incremento pari al 6,3%. In media il 76,5% di tutto il budget è stato speso attraverso le piattaforme: si tratta di una percentuale più elevata rispetto alla media nazionale.

Gli operatori forniscono poi alcuni riscontri in merito all’utilizzo delle prestazioni da parte dei dipendenti delle società clienti. Per semplicità, in questo caso sono state identificate 9 aree di intervento: previdenza, assistenza sanitaria, area assistenziale, mutui e finanziamenti, scuola e istruzione, area culturale/ricreativa, programmi e servizi assicurativi, mobilità e fringe benefit.

Considerando ciò, le misure di welfare più richieste dai lavoratori – seppur in calo rispetto all’anno precedente – si confermano anche nel 2020 quelle che rientrano nella categoria “scuola e istruzione” (32%, -5% rispetto al 2019). Seguono poi i cosiddetti fringe benefit (26%, in crescita di 2 punti percentuali) e l’area culturale e ricreativa (15%, -3%). Sale notevolmente tra il 2019 e il 2020 la richiesta di prestazioni riguardanti la sanità integrativa (+3%), arrivando al 12%; seguono poi la previdenza complementare (9%), la mobilità (3%), le misure di assistenza e sostegno per familiari non autosufficienti (1%) e formule agevolate di mutui e finanziamenti (1%).

Il report evidenzia come nel 2020 la misura di welfare che registra le dinamiche di incremento più significative sia l’assistenza sanitaria. Se da un lato sono infatti aumentate le richieste dei lavoratori, dall’altro anche i provider hanno implementato nuove forme di offerta sul fronte sanitario. All’interno di questi pacchetti le prestazioni più frequenti riguardano le cure odontoiatriche, le spese oculistiche e per gli occhiali, interventi chirurgici, check up, visite, fisioterapia e forme di rimborsi spesa per l’acquisto di farmaci.

Fonte: Percorsi di secondo welfare

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