di Simona D’Alessio
Professioni vittime (e ben prima dello scoppio della pandemia) di un «vero e proprio depauperamento», poiché dal 2007 al 2019 il loro valore aggiunto pro-capite è calato del 12,5%, mentre nell’industria è salito del 13,8%. E, poi, una volta dilagato il Covid-19, a pagare maggiormente lo scotto sono stati i giovani, le donne e gli esponenti delle varie categorie «meno organizzati», coloro, cioè, che, «pur non avendo alternative al lavoro» indipendente, sono rimasti in esercizio ma «praticamente senza guadagnare», portando avanti gli incarichi, almeno inizialmente, senza ricevere «adeguate forme di sussidio economico». È l’affresco con cui il Consiglio nazionale dei commercialisti si è presentato ieri pomeriggio, nella Commissione Lavoro della Camera, che sta conducendo un’indagine conoscitiva sulle diseguaglianze nel mercato nazionale prodotte dall’emergenza sanitaria in corso; i liberi professionisti, per i quali il Coronavirus è stato uno «shock», ha riferito il tesoriere dell’Ordine Roberto Cunsolo, «continuano a crescere a ritmi sostenuti», tanto che la loro quota sull’occupazione totale, «in dieci anni, è passata dal 4,5% al 6,2%», con una «escalation» della componente femminile, «passando dal 28% del 2009 al 36% del 2019, con punte del 50% nell’area sanitaria e del 48% in quella legale».

Sul fronte dei guadagni, stando ai dati reddituali medi dell’Adepp (l’Associazione degli Enti previdenziali privati, che raccolgono oltre 1,6 milioni di iscritti), l’esponente dei commercialisti ha segnalato ai deputati che sono in decremento: in dieci anni «hanno perso il 6,5% in termini nominali e il 14,5% in termini reali» (al netto dell’inflazione), mentre tra il 2005 e il 2019 il numero degli assicurati alle Casse è aumentato del 28%. E, con riferimento ai suoi colleghi, Cunsolo ha posto l’accento sulla «perdita di posti di lavoro e la chiusura di molte aziende nei vari comparti produttivi», elementi ritenuti «allarmanti», giacché «i due terzi dei compensi professionali derivano dall’attività di assistenza alle Pmi italiane».

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