di Nicola Carosielli
Entro i prossimi cinque anni una pioggia di criptovalute potrebbe invadere i portafogli degli hedge fund. Almeno 100 cfo di altrettante case di gestione prevedono infatti di aumentare significativamente l’esposizione alle cryptocurrencies entro il 2026, arrivando a puntare su questa asset class fino al 7,2% delle risorse affidate loro in gestione. Come sottolinea l’ultima ricerca di Intertrust, gruppo specializzato nella fornitura di servizi amministrativi per fondi e imprese, se tale tendenza si espandesse a macchia d’olio in tutto il settore si arriverebbe a uno stock considerevole, quantificato in 312 miliardi di dollari. Tra i più propensi vi sono i fondi Usa, che a tendere prevedono di detenere sulle cripto un’esposizione media del 10,6%, mentre quelli europei e del Regno Unito arriveranno fino al 6,8%.

Una vera e propria febbre da moneta digitale che sottolinea il grande appetito innescato dall’esplosione dei prezzi e che vede, in realtà, già alcuni grandi nomi già esposti su questi asset. Man Group, per esempio, tramite la sua unit Ahl scambia già futures sui bitcoin, mentre Renaissance Technologies dovrebbe avviare a breve alcuni investimenti sui future sui bitcoin tramite il suo fondo di punta, Medallion.

Brevan Howard ha già riorientato una piccola quota dei suoi fondi sulle criptovalute, così come la SkyBridge Capital dell’ex direttore della comunicazione della Casa Bianca Anthony Scaramucci deve molto dei suoi guadagni di quest’anno all’andamento dei bitcoin, tanto che il co-chief investment officer e senior portfolio manager Troy Gayeski ha recentemente sottolineato che «resteremo su bitcoin e criptovalute perché pensiamo che ci sia più vantaggio rispetto all’oro, nonostante la grande volatilità». Proprio questa affermazione sottolinea la sostanziale differenza rispetto ai gestori tradizionali, molti dei quali ancora fortemente preoccupati dall’enorme volatilità delle criptovalute e dall’incertezza riguardo la loro possibile regolamentazione.

Come sottolineano Morgan Stanley e Oliver Wyman, «attualmente gli investimenti in criptovalute restano limitati ai clienti con un’elevata tolleranza al rischio e, anche in questo caso, gli investimenti sono in genere una bassa percentuale delle risorse investite». Una propensione non comune proprio a tutti considerando come Paul Singer di Elliot abbia additato il Bitcoin come «la più grande truffa finanziaria della storia». E mentre il Bitcoin ieri cedeva l’1,55% a 39 mila dollari, è ritornato sul tema il presidente della Consob, Paolo Savona che, in diretta a Skytg24, ha sottolineato come «con le criptovalute, Bitcon in testa, è venuta fuori una mania di mercato che crea rischi fortissimi», per questo «devono essere regolamentate per evitare che si abbiano conseguenze».

L’Italia, ha concluso Savona, «non solo può ma deve» mettere in campo delle misure, «anche perché l’Italia ha la peculiarità per cui la tutela del risparmio è una norma costituzionale». (riproduzione riservata)

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