Nel corso dell’intero anno 2020 si è registrato un aumento di circa 108.200 morti in eccesso rispetto al 2019 (+15,1%), risultato dovuto quasi esclusivamente al Covid-19, solo parzialmente mitigato dai minori decessi dovuti alle misure di contenimento e ad altri effetti della pandemia.

E’ quanto emerge dalla newsletter ANIA, che descrive la mortalità della popolazione italiana con riferimento all’impatto del Covid-19 nel corso del 2020, con distinzioni per sesso, per fasce di età e per aree territoriali, nonché a confronto con altri paesi.

L’analisi della mortalità giornaliera mostra un andamento altalenante, con incrementi rilevanti in corrispondenza della diffusione dell’infezione e diminuzioni repentine dovute alle misure di contenimento.

mortalità

Da fine febbraio a metà maggio e da fine agosto fino a fine anno la mortalità è stata decisamente più elevata del 2019, con il picco raggiunto nei giorni 22-28 marzo, per ciò che riguarda la “prima ondata”, e nei giorni che vanno dal 12 novembre al 1° dicembre durante la “seconda ondata”. All’inizio del 2020, fino al 24 febbraio e, a seguito del lockdown, dal 20 maggio al 18 luglio, invece, la mortalità è stata più bassa del 2019.

A livello territoriale, l’analisi si è concentrata sulle regioni del Nord e sulle regioni più popolose del Centro (Lazio) e del Sud (Campania): nella “prima ondata” le regioni del Nord hanno registrato la mortalità più elevata, con la Lombardia che dal 22 al 24 marzo ha registrato un tasso di mortalità superiore al 4%, circa il 310% in più dei valori medi
rilevati nei cinque anni precedenti e il 300% in più rispetto al 2019.

Nella “seconda ondata”, la mortalità ha raggiunto picchi inferiori ma più estesi sul territorio e più persistenti, con la Valle d’Aosta che ha sofferto il tasso di mortalità più alto (3,4%), registrato nei giorni 14-17 novembre.

Il confronto internazionale evidenzia i diversi impatti del Covid-19 a seconda dei paesi analizzati e del loro approccio rispetto alla pandemia: in Spagna, Stati Uniti, Italia e Regno Unito si è avuto un incremento rilevante del numero dei decessi rispetto al 2019, superiore al 16%.

In altri paesi, come la Nuova Zelanda, si è osservata, invece, una diminuzione (-2,7%), evidentemente grazie all’efficienza e all’efficacia delle misure di contenimento.

Estendendo l’orizzonte temporale di osservazione della mortalità della popolazione italiana, a partire dal 1900 la mortalità è progressivamente diminuita, raggiungendo oggi livelli pari a circa un quarto di quelli dell’inizio del periodo. Fanno eccezione passaggi epocali, come i due conflitti mondiali e le gravi epidemie di spagnola (1918-1920), asiatica (1956) e SARS-Cov-2 (2020).

In particolare, l’aumento della mortalità rispetto all’anno precedente è stato pari nel 2020 al 15,0%, superiore a quello osservato nel 1956 per l’influenza asiatica, di poco inferiore a quello rilevato nel 1915 e decisamente inferiore al balzo del 27,7% registrato nel 1918, anno della “prima ondata” dell’influenza spagnola. In corrispondenza delle età più avanzate, tuttavia, l’aumento verificatosi nel 2020 (16%) è il più alto mai registrato in Italia rispetto all’anno precedente,superiore anche ai periodi di eccezionale mortalità dovuti a guerre e altre epidemie.