di Luigi Chiarello
Le imprese che operano nell’Internet delle Cose (I.o.T) e in particolar modo nell’ambito dei cosiddetti «assistenti vocali» mettono in campo «pratiche di esclusività e di vendita abbinata» e limitano «la possibilità di utilizzare assistenti vocali diversi sullo stesso dispositivo intelligente».

E’ la principale denuncia contenuta nei risultati di un’indagine condotta dalla commissione europea sulla concorrenza nei mercati dei prodotti e dei servizi relativi all’Internet degli oggetti (I.o.T.) di consumo. Bruxelles rileva anche problemi circa la posizione degli assistenti vocali come intermediari tra gli utenti, da un lato, e i dispositivi intelligenti o i servizi I.o.T, dall’altro: questa posizione, combinata al loro ruolo chiave nella produzione e raccolta dati, consentirebbe loro di controllare i rapporti con gli utenti. In più, i fornitori di sistemi operativi per dispositivi I.o.T. avrebbero ampio accesso ai dati, incluse le informazioni sulle interazioni degli utenti con i dispositivi.

Peraltro, i partecipanti all’indagine della commissione europea denunciano che l’accesso e l’accumulo di grandi quantità di dati non solo offrano ai fornitori di assistenza vocale vantaggi di mercato per i loro assistenti generici, ma consentano anche agli stessi di penetrare più agevolmente in mercati contigui.

Infine, dall’inchiesta emerge che la prevalenza della tecnologia proprietaria, che talvolta porta alla creazione di «norme de facto» – di pari passo con la frammentazione tecnologica e la mancanza di norme comuni – causi una mancanza di interoperabilità tra gli oggetti I.o.T.

In particolare, diversi osservatori ritengono che alcuni fornitori di assistenza vocale e sistemi operativi controllino unilateralmente i processi di interoperabilità e integrazione. E che siano in grado di limitare le funzionalità dei dispositivi intelligenti e dei servizi di Internet degli oggetti I.o.T. di terzi rispetto ai propri.

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