Produzione dimezzata in tre anni. sollecitato l’aiuto del governo
di Angelica Ratti

Nel Regno Unito l’industria dell’automobile è sull’orlo dell’abisso, stretta fra la Brexit, lo choc per il confinamento legato alla pandemia di Covid-19 e la transizione verso l’auto elettrica. La produzione di vetture è quasi dimezzata in tre anni e un posto di lavoro su sei è minacciato nella filiera. Nel 2020 l’industria britannica dell’auto produrrà 900 mila veicoli a causa della chiusura delle fabbriche durante il confinamento (alcune non hanno ancora riaperto come quella di Vauxhall, del gruppo Psa, a Ellemere, che resterà chiusa fino a settembre). Erano 1,7 milioni di automobili nel 2017 (1,3 milioni l’anno scorso). L’80% dei veicoli prodotti in Gran Bretagna viene esportato: di questi, due terzi verso l’Unione europea. Il comparto dell’auto conta all’incirca un milione di posti di lavoro, dei quali 160 mila nell’industria e 850 mila nel settore delle vendite. I dazi doganali nei confronti della Ue o i controlli alle frontiere potrebbero arrestare ulteriormente la macchina industriale. Queste difficoltà su tutti i fronti potrebbero segnare la fine di un’epoca.
Il Regno Unito è uno dei grandi paesi produttori di automobili d’Europa (1,3 milioni di veicoli nel 2019) lontano però dalla Germania (4,6 milioni nel 2019), ma vicino alla Francia (2,2 milioni nel 2018) che ha superato in valore. I costruttori britannici producono vetture di fascia alta e lusso che si vendono perlopiù in Cina, dove le vendite sono diminuite. Jaguar Land Rover che appartiene al gruppo indiano Tata, e il gruppo giapponese Nissan, rappresentano all’incirca due terzi della produzione del Paese. La Brexit ha rotto l’equilibrio dell’industria britannica dell’auto che è molto integrata con la Ue.

A giugno è stata annunciata la soppressione di 6 mila posti di lavoro: un migliaio da Bentley, cioè quasi un quarto della sua manodopera; 500 da Aston Martin; mille posti di lavoro interinale sono stati eliminati da Jaguar Land Rover che si vanno a sommare ai 4.500 tagli annunciati a gennaio 2019. Secondo il sindacato dei professionisti britannici del settore, la Smmt (Society of motor manufacturers and traders), un terzo dei dipendenti del settore lavora con orario ridotto.

È in gioco la sopravvivenza dell’industria britannica dell’auto, ha detto il presidente di Ford per il Regno Unito, Graham Hoare alla conferenza annuale della Smmt. Come nel resto del mondo, la chiusura delle fabbriche durante i due mesi di lockdown e la caduta delle vendite dei veicoli diesel negli anni scorsi hanno provocato una crisi severa. A questo si aggiunge la Brexit con l’entrata in vigore potenziale dei dazi verso l’Unione europea a partire dal 1° gennaio 2021 quando terminerà il periodo di transizione. Una tempesta perfetta, ha detto a Le Monde, David Bailey, specialista del settore all’università di Birmingham. Il settore ha chiesto al governo di Boris Johnson un piano di rilancio dei consumi a breve termine con la riduzione dell’Iva e un bonus per l’acquisto. E un accordo di libero scambio con la Ue per evitare i dazi.

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