di Luca Gualtieri
Alla vigilia dell’attesa audizione in Antitrust Intesa Sanpaolo potrebbe incassare il via libera dell’Ivass sugli aspetti assicurativi dell’ops su Ubi Banca. Il verdetto dell’authority assicurativa dovrebbe arrivare in queste ore e potrebbe precedere solo di qualche giorno quello di Consob sul prospetto informativo. Due passaggi importanti insomma per l’iter autorizzativo dell’operazione, che nelle scorse settimane ha già incassato la luce verde preliminare della Bce.
Nel dettaglio, l’ok Ivass certificherebbe la tenuta dei business assicurativi del nuovo gruppo che verrebbe a crearsi con l’integrazione tra Ubi e Intesa (che già oggi è il secondo operatore in Italia nel vita, con 690 milioni di euro di premi e una quota di mercato del 21,5%).
Sempre ieri il consiglio di amministrazione di Intesa ha varato l’aumento di capitale a servizio dell’ops, dopo che era stato approvato dall’assemblea dei soci dello scorso 27 aprile. Un passaggio tecnico che certifica però una volta di più la volontà del gruppo guidato da Carlo Messina di chiudere in tempi rapidi l’operazione.
La tempistica però dipenderà dagli ultimi aspetti da smarcare, a partire dall’autorizzazione dell’Antitrust. Nelle risultanze inviate nei giorni scorsi alle parti coinvolte infatti l’authority guidata da Roberto Rustichelli ha sollevato alcune problematiche relative al deal, a partire dal livello di concentrazione in alcune specifiche aree territoriali. Per rispondere a queste richieste Intesa e Bper hanno ridefinito il perimetro dell’operazione, allargando il pacchetto di filiali che dovrà essere ceduto al gruppo guidato da Alessandro Vandelli.
L’accordo definito nel weekend prevede che a Bper passino 532 sportelli di Ubi (rispetto ai 400-500 inizialmente previsti), con 29 miliardi di depositi, 31 miliardi di raccolta indiretta e 26 miliardi di crediti netti. Oltre il 70% delle masse saranno di clienti basati nel Nord Italia e i 4,5 miliardi di impieghi aggiuntivi saranno tutti in bonis, consentendo a Bper di migliorare la qualità del credito (l’npe scenderà all’8,4%) e mantenere una posizione patrimoniale solida (Cet1 del 12,5%). Questa rivisitazione dell’accordo richiederà a Modena un aumento di capitale più sostanzioso di quello preventivato in origine: inizialmente prevista intorno al mezzo miliardo, la ricapitalizzazione dovrebbe lievitare tra 600 e 700 milioni nonostante un ritocco al ribasso del meccanismo di calcolo del prezzo.
Se questo è l’accordo raggiunto nel fine settimana e sottoposto lunedì all’Antitrust, i primi riscontri dell’authority potrebbero arrivare domani, quando le parti si incontreranno per l’audizione finale. Per il responso del collegio servirà invece più tempo, probabilmente fino a luglio inoltrato. L’incertezza sulla tempistica delle autorizzazioni rende ancora difficile dire se l’ops partirà prima o dopo la pausa estiva. Certo è che i banker al lavoro sul dossier sconsigliano il mese di agosto per la difficoltà che gli azionisti retail di Ubi (il 25% della platea complessiva) potrebbero avere a partecipare all’offerta. Più facile insomma slittare a settembre anche se, in questa fase, prevedere l’andamento dei mercato tra due mesi è altamente complesso.
Ieri intanto Consob ha comunicato che Norges Bank ha ridotto la propria quota in Ubi dall’1,1 dell’aprile scorso allo 0,78%. Nel frattempo il titolo è passato da 2,37 a 2,74 euro per azione, con un rialzo in un mese e mezzo di circa il 15,6%. (riproduzione riservata)
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