di Daniele Cirioli
L’attività professionale non conta come anzianità per fissare il criterio di calcolo della pensione con il cumulo. In tal caso, infatti, per stabilire se l’assegno sarà definito con il criterio retributivo o contributivo, in base all’anzianità al 31 dicembre 1995, non valgono i contributi delle casse professionali, né quelli riscattati nella gestione separata Inps. Lo precisa, tra l’altro, lo stesso Inps nel messaggio n. 2053/2020, in cui raccoglie 25 risposte a quesiti sul pensionamento in regime di cumulo (ex lege n. 228/2012 e legge n. 232/2016).
Il calcolo della pensione. Il pensionamento in regime di cumulo, si ricorda, è una possibilità offerta a chi ha una carriera lavorativa poco uniforme, con diversi spezzoni contributivi in diverse gestioni: con il cumulo, il diritto alla pensione si raggiunge maturando il requisito contributivo (35 anni o 40 anni ecc.) sommando (cioè con il «cumulo») dei vari spezzoni (come dipendente, come autonomo, come professionista ecc.). L’irrilevanza dei contributi versati alle casse, ai fini della scelta del criterio di calcolo della pensione è precisata dall’Inps a risposta di un quesito in cui è stato chiesto come valutare gli anni di contributi al 31 dicembre 1995. Tale anzianità al 1995, come noto, individua il sistema di calcolo della pensione tra quelli indicati in tabella. Secondo l’Inps, l’irrilevanza deriva dalla normativa, che esclude i contributi delle casse, laddove prevede che va «presa in considerazione la contribuzione non coincidente maturata dall’interessato presso l’assicurazione generale obbligatoria, Ago, e le forme esclusive e sostitutive della medesima». Pertanto, precisa l’Inps, non rileva né la contribuzione delle casse né quella della gestione separata Inps a seguito di riscatto di periodi antecedenti al 1° gennaio 1996, poiché si tratta di periodi comunque valutati nel sistema di calcolo contributivo.
Il requisito dei 35 anni. Altra questione chiarita dall’Inps riguarda la verifica, ai fini della pensione anticipata in regime di cumulo, del requisito di 35 anni di anzianità contributiva utile per il diritto. Per tale verifica, spiega l’Inps, ciascuna gestione tiene conto delle regole del proprio ordinamento. Pertanto, se tra le gestioni interessate al cumulo ce n’è una il cui ordinamento subordina il diritto alla pensione anticipata al possesso di almeno 35 anni di contributi utili per il diritto (cioè al netto di periodi di malattia e disoccupazione o a essi equiparati quali, ad esempio, Aspi, mini-Aspi, Naspi ecc.), ai fini della verifica del requisito si deve tenere conto di tutti i contributi versati o accreditati presso le forme previdenziali interessate al cumulo, incluse le casse professionali. Un esempio. Un soggetto possiede 32 anni di contributi versati da lavoratore dipendente (Fpld Inps), tra contributi effettivi e contributi figurativi per cigs; cinque anni di contributi figurativi per disoccupazione; cinque anni e dieci mesi alla gestione separata di contributi effettivi. Ai fini del conseguimento del diritto alla pensione anticipata, il requisito di 35 anni di contributi al netto dei periodi di malattia e disoccupazione o a essi equiparati è perfezionato considerando i contributi versati in entrambe le gestioni: il soggetto, infatti, ha maturato 42 anni e 10 mesi di contribuzione di cui 37 anni e 10 mesi al netto dei periodi di malattia e disoccupazione o ad essi equiparati (e 42 anni e 10 mesi di contribuzione totale).

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