di Ettore Bianchi
Il costruttore giapponese di auto e moto, Honda, ha subito un attacco informatico che ha paralizzato in parte il suo sistema produttivo internazionale. Undici fabbriche nel mondo sono state colpite, delle quali cinque negli Stati Uniti, e due sono ancora bloccate in Brasile e in India. A colpirle è stato il cosiddetto «virus del riscatto», il ransomware, utilizzato dagli hacker per bloccare un dispositivo e chiedere un riscatto per ripristinarlo. Il servizio clienti e i servizi finanziari di Honda sono stati anch’essi fortemente colpiti dal virus malevolo che si è propagano nel sistema informatico dell’impresa a partire dall’attacco di un server interno, secondo quanto ha riportato Le Figaro. Una situazione grave, tanto che Honda, il giorno del cyberattacco ha chiesto ai propri dipendenti di non connettersi ai propri computer aziendali e di prendere un giorno di congedo. Quattro giorni dopo il cyberattacco, Honda sta ancora facendo i conti con gli effetti del ransomware, dal momento che la situazione non è tornata in ordine.
La società giapponese ha fatto sapere che le conseguenze commerciali sono trascurabili. Come sempre succede in materia di sicurezza informatica la società è avara di dettagli. L’unica precisazione è stata che al momento non c’è stata fuga di notizie. Questa volta il cyberattacco è stato più pesante rispetto al precedente subito nel 2017 che aveva costretto Honda a chiudere temporaneamente la propria fabbrica in Giappone. Questo attacco riuscito dimostra la grande vulnerabilità delle imprese compresi i grandi gruppi mondiali che, si pensa, dovrebbero essere meglio attrezzati.
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