Nei confronti di Cattolica Assicurazioni, per impedire che finisca in mani straniere
Favorita adesso Intesa Sanpaolo nell’Ops lanciata su Ubi
di Nicola Berti

La soluzione-lampo dell’improvvisa crisi emersa in Cattolica Assicurazioni (con l’intervento decisivo delle Assicurazioni Generali) è certamente una notizia finanziaria di primo livello, ma non solo. La compagnia veronese è da mesi alle cronache. Lo scorso ottobre l’amministratore delegato Alberto Minali (un manager di scuola Generali) era stato bruscamente congedato dal consiglio d’amministrazione presieduto da Paolo Bedoni per divergenze strategiche (Minali era favorevole ad aggregazioni che avrebbero modificato l’attuale modello cooperativo di Cattolica). Il titolo della compagnia (di cui da tre anni Warren Buffett è primo azionista con il 10%) aveva cominciato a cadere in Borsa, finendo poi travolto dai ribassi-Covid. Infine, durante il lockdown, l’authority di vigilanza Ivass ha imposto a Cattolica una ricapitalizzazione immediata da 500 milioni per rafforzare un bilancio non solidissimo. E poche settimane sono bastate per verificare le chance quasi inesistenti, per Cattolica, di raccogliere sul mercato capitali freschi di importo così elevato, mantenendo lo status di cooperativa veronese.
La «suasion» di Ivass (cioè la stessa Bankitalia) è rimasta invece molto pressante in una fase in cui l’Azienda-Italia non si può permettere focolai di crisi finanziaria e tanto meno l’esposizione di una compagnia come Cattolica al rischio di indesiderati ingressi esteri nella proprietà.

Secondo uno schema molto tradizionale (ed è un primo spunto di riflessione), la maggiore compagnia italiana è stata chiamata dalla vigilanza nazionale a soccorrere un «player» domestico in difficoltà. Generali inietterà così subito 300 milioni in un aumento di capitale riservato che porterà il Leone a essere primo azionista (24,4%) di Cattolica.

Quest’ultima, fra nove mesi si trasformerà in Spa ed è una svolta per il più ampio settore bancassicurativo. Quattro anni dopo la discussa riforma Renzi per le grandi Popolari, l’ultima assicurazione organizzata in forma di coop uscirà di scena, si trasformerà in Spa e si aggancerà a un gigante europeo. La Borsa ha subito festeggiato, ridando fiato (+38%) a un titolo che prevedibilmente sarà oggetto di futura integrazione da parte di Generali.

Il Leone, dal canto suo, non ha mostrato esitazione a investire una cifra contenuta per il suo bilancio, di fatto mettendo in cantiere un’aggregazione domestica sul mercato settentrionale. Non è però da escludere che sul blitz Generali abbia pesato un altro fattore. La compagnia triestina è infatti tuttora saldamente controllata da Mediobanca: che in questo momento è advisor unico di Intesa Sanpaolo nell’Ops lanciata su Ubi.

Cattolica ha fatto parte del polo degli azionisti Ubi resistenti alla proposta di aggregazione di Intesa: fra questi anche la Fondazione Monte di Lombardia, a sua volta importante azionista di Cattolica. Era evidente da settimane che il tassello di Cattolica nel «fortino» eretto dai soci bresciani di Ubi (e dalla Fondazione CariCuneo) era destinato a venir meno.

Da ieri, sicuramente, il soccorso di Generali a Verona sembra neutralizzarlo definitivamente: mentre l’Ops Intesa-Ubi, lanciata prima dell’emergenza Covid, pare destinata a superare ogni ostacolo residuo.

Le stesse eccezioni sollevate presso l’Antitrust da un concorrente del calibro di UniCredit sono state già contrastate da un incremento della quota di sportelli Ubi destinata al polo Unipol-Bper. Il riassetto bancassicurativo sembra dunque accelerare fuori dall’incaglio-pandemia: al contrario dell’azione di governo e dall’aggiustamento del quadro politico nella Fase 3.

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