Secondo Coface, l’economia del Cile dovrebbe assistere a un crollo del 4,5% nel 2020 e un rimbalzo del 5,3% nel 2021, che sarebbe comunque un dato migliore rispetto a quanto atteso quest’anno per l’America Latina (-6,5%) con un parziale recupero atteso per il 2021 (+3,1% anno su anno).

All’inizio del 2020, prima della pandemia di COVID-19, l’economia era in ripresa dalle
difficoltà osservate nel 2019. L’indice IMACEC, un anticipatore del PIL, era cresciuto del 14,8% nel trimestre conclusosi a febbraio 2020 (in termini destagionalizzati), contrastando parzialmente il calo del 15,6% del quarto trimestre 2019. Come conseguenza, nel primo trimestre 2020 l’economia ha registrato un tasso di crescita del PIL positivo (+0,4% su base annua e +3,3% sul trimestre precedente). Tuttavia, considerando gli indicatori anticipatori per il secondo trimestre 2020, in aprile l’attività è diminuita del 14,1% su base annua e dell’8,7% sul mese precedente.

La rigida politica di bilancio del Cile (al lordo il debito pubblico si attesta al 28% del PIL alla chiusura del 2019) ha permesso al governo di attuare stimoli fiscali per contrastare gli effetti negativi della crisi legata al COVID-19. I politici hanno approvato due serie di misure (per un totale di 17 miliardi di dollari), che includono garanzie pubbliche sui prestiti alle imprese, trasferimenti di liquidità alle imprese più vulnerabili, la sospensione temporanea dei pagamenti dell’imposta sulle società.

Nel complesso, le autorità hanno stanziato con queste tre manovre circa il 10% del PIL e si prevede ora che il debito pubblico lordo raggiungerà il 43% del PIL entro la fine del 2022. Nel frattempo, la banca centrale ha ridotto di 125 punti base il suo tasso ufficiale arrivando allo 0,5% (raggiungendo un tasso reale negativo).

Nonostante le misure sopra citate, non si possono trascurare i seguenti rischi:
1. La curva di contagio del COVID 19 sta impiegando più di quanto atteso per iniziare a calare. Dai mesi di maggio e giugno 2020 in cui sono state accentuate le restrizioni alla mobilità l’attività è destinata a peggiorare prima che si riprenda.
2. Il debito in valuta estera delle società non finanziarie è elevato rispetto alle economie vicine (si attesta al 33,4% del PIL a dicembre 2019). Si tratta di un rischio particolarmente rilevante in un momento in cui la volatilità del tasso di cambio è elevata (il deprezzamento da inizio anno rispetto al dollaro si attesta al 6%, dopo un minimo del -16% raggiunto a
marzo 2020) e i ricavi risentono dello shock causato dal COVID-19.
3. Non si può escludere una nuova escalation di proteste sociali. La malattia si è diffusa nei quartieri più poveri, dove le persone si sono riversate per strada chiedendo più assistenza e portando ad alcuni episodi di disordini. Inoltre, dopo le tensioni sociali del 2019, è stato fissato un referendum costituzionale per aprile 2020, successivamente riprogrammato
ad ottobre 2020. Sebbene tale decisione sia stata innescata dall’emergenza sanitaria, potrebbe rafforzare l’opinione dei manifestanti secondo cui il governo non vuole dare riscontro alle loro richieste.